Globalizzazione e Cultura Sociale

Globalizzazione e Cultura Sociale

La storia del fenomeno globalizzazione nasce circa nella seconda metà degli anni ottanta, ossia se ne comincia a parlare in quel periodo.

Si tratta di un crescente aumento dei sistemi economici grazie alla diffusione delle nuove tecnologie telematiche e delle telecomunicazioni nella vita di tutti i giorni. Questa velocità che ha permesso di trasmettere messaggi economici in tutto il pianeta.

La globalizzazione nasce quindi per ragioni economiche che hanno dato accesso anche al mondo virtuale.

La gente in virtù della comunicazione veloce ha potuto ridurre il costo dei viaggi in aereo,

e anche promuovere sistemi economici in Paesi geograficamente lontanissimi e di cultura completamente diversa.

I recenti fatti nelle regioni della Germania della notte del Capodanno mi sembrano un chiaro attacco alla cultura occidentale da parte di migranti, alcuni appena ospitati che, con sfregio hanno stuprato e violentato giovani donne tedesche.

I dibattiti in tutta Europa e oltre alpe hanno fortemente condannato i gravi eventi, ma c’è qualche occidentale, magari politico, che invita alla comprensione dell’accaduto.

Questa comprensione si giustifica con il fatto che per certi mussulmani la donna è considerata un oggetto di cui l’uomo è in sostanza padrone.

Non bisogna dimenticare che anche nel nostro Sud la legge sino a quaranta anni fa’, riduceva enormemente la pena verso gli omicidi verso donne delle quali si aveva ragione di dubitar sulla loro onestà. D’altra parte la gelosia dell’uomo indicava e includeva anche come lecita e giuridica la possessività verso la donna.

In Italia e nel resto del mondo occidentale, fortunatamente di questi trascorsi, rimane a mala pena, un lontano ricordo.

La globalizzazione costringe a prender atto delle enormi differenze culturali che esistono tra Paesi a volte nemmeno tanto lontani, delle culture sociali, religioni, costumi.

Un elemento rimane certo: l’ospite di un Paese deve adattarsi alle leggi, religioni, costumi, abitudini, cercare di imparare la lingua e fare il possibile per integrarsi con tutto il mondo che riguarda il Paese ospite.

La globalizzazione si è occupata solo dell’Economia e interessi a essa connessi.

Un grande problema che si verifica oggi, specie con le migrazioni troppo facili, consiste nell’ignorare di fatto, i gravi rischi che corriamo tutti con la commistione di culture religiose e abitudini fondamentali, come le tragedie di Parigi e di varie parti del mondo hanno recentemente dimostrato.

Occorre che l’Occidente studi accuratamente come credo stia già facendo, i fenomeni culturali e paralleli alla ospitalità dei migranti, affinché questa gente ospitata, spesso a spese d’italiani poveri e senza casa, né soldi non diventi padrona in casa nostra.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

2 commenti

  1. Raffaella Buttazzi

    Per esperienza, mi sono più volte accorta che le strutture atte all’accoglienza dei immigranti, anche da tempo residenti in Italia ed in Europa, non hanno solitamente una formazione specifica, tantomeno psicologica, perciò spesso ci si basano sulla “buona volontà” ed una competenza approfondita negli ambiti più disparati della conoscenza.

    Mi chiedo se questa “casualità” lasciata alla formazione, dove l’affiancamento psicologico solleva non poche perplessità, sia responsabile di rigidità di ruoli da entrambe le parti: ospite ed ospitato, generando un primo ma profondo malessere relazionale?

    Raffaella

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