Paura delle proprie emozioni e violenza

Paura delle proprie emozioni e violenza

Quante volte abbiamo sentito le interviste televisive e anche raccolte dai giornali che raccontano e descrivono che l’assassino, suicida, o violento, stupratore, incendiario incriminato, appariva ai vicini di casa e persino a coloro che gli erano amici, al bar o nella vita che il sospetto o accusato, appariva come una persona pacifica e tranquilla, di buon senso, e che mai i conoscenti avrebbero pensato che questa persona sospettata fosse un imbroglione oppure un omicida, magari incredibilmente perverso.

Non dovrebbe sorprendere ciò invece, perché una persona schiva potrebbe nascondere tanto, naturalmente non generalizzando il concetto. A volte una semplice timidezza, una normale inibizione o diffidenza verso il prossimo deriva da ciò che è stato assorbito psichicamente tramite una lunga catena di eventi del passato: le emozioni ad essi associati si traducono in modalità caratteriali, vendicative, invidiose e tanto altro.

Su questi incontri intimi, ossia ravvicinati, avvenuti socialmente sotto forma di significative esperienze si sono costruiti dei vissuti cioè delle emozioni e dei sentimenti di segno negativo o positivo. I vissuti psichici si perpetuano intrecciandosi tra loro nel forgiare un proprio specifico carattere e in seguito fabbricando una personalità disturbata che reagisce in senso delinquenziale.

Succede che alcune persone per fortuna poche, ma in aumento, non essendo abituate a sentire e a esprimere le proprie emozioni come se ne avessero paura, come se fossero un segno di debolezza, di dipendenza o di labilità di personalità della propria identità, non accordano fiducia al proprio partner , ma anzi lo considerano un capro espiatorio dei propri guai, ossia un vero e proprio nemico.

In apparenza si affidano al proprio sistema educazionale, al razionalismo, al logicismo, al concretismo e vivendo con gli altri seguono il filo di questa civile convivenza, ma in certe circostanze si attivano interlocutori arcaici e le emozioni sconosciute con le quali non hanno dimestichezza, supportano le loro azioni nefande che nel frattempo sono scattate in impulsi inadeguati, fuori le righe, acting-out, fughe in avanti.

In altre parole, nel teatro della nostra personalità ci sono vari interlocutori, in alcuni casi personaggi perversi che fiaccano il debole Ego che dirige le azioni. In questo caso, l’Ego si confonde e offre il peggio di Sé. Anche nei delitti premeditati accade ciò, perché le dinamiche sono le stesse.

Abbiamo tante facce che nemmeno noi individui conosciamo tanto bene.

Le facce, gli interlocutori, i personaggi ben integrati o mal integrati, sono rappresentazioni delle stesse nostre emozioni.

Quando in una coppia un soggetto chiede all’ altro della coppia: ma tu mi ami veramente?

Penso che la risposta più vicina al vero, all’autentico, dipenda da quanto le emozioni sono integrate nella persona che dovrebbe rispondere alla domanda e non eluderla, e quanto si abbia padronanza di queste.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

Un commento

  1. Raffaella Buttazzi

    Personalmente esprimere i propri sentimenti autentici penso abbia con una fiducia d’essere amati, questultima precedente la coppia amorosa.

    In questo modo, forse, amare qualcuno è sentito, poi, come una scelta e non come una conseguenza?

    Raffaella

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