La malattia della depressione e il mal di vivere

La malattia della depressione e il mal di vivere

La depressione, Il male oscuro di Giuseppe Berto sembra abbia una origine familiare, ma non propriamente genetica , anche se talora sono colpite persone che non hanno una storia di depressione in famiglia. Gli studi sui gemelli mostrano un livello di ereditarietà elevato, anche se variabili. Gli studi familiari indicano un aumento di rischio di 2-3 volte tra i parenti di primo grado di chi soffre di depressione. Nella grande maggioranza dei casi la genetica spiega solo la predisposizione alla depressione, sulla quale agiscono poi fattori ambientali, come lo stress e le esperienze traumatiche.

La depressione severa è una malattia vera e proprio: però esistono due tipi di depressione, quella reattiva di stato che è spesso transitoria, dovuta situazioni dl momento per esempio, problemi affettivi, legati alla perdita di lavoro o a conflitti nell’ambiente, lutti in famiglia ecc… Per quanto riguarda la depressione maggiore, si tratta d una patologia vera e propria, a livello neuroendocrino, dovuta disfunzioni ormoniche, per esempio causata da una insufficienza della produzione di serotonina, dopamina, endorfine.

Il quadro clinico si prospetta con sintomi come mancanza di voglia di vivere, passività abulia, fare fatica ad alzarsi da letto, qualche sintomo di persecuzione allucinatorio, fobie, manie, ossessioni e compulsioni, (DOC) fino a tendenze etero o auto-lesive, anche suicidarie.

La depressione maggiore può essere bipolare, ossia, il paziente sperimenta fasi di euforia assoluta, durante le quali si sente e bene e tutto gli sembra normale a momenti di grande melanconia, tristezza, demotivazione, durante i quali si sente svuotato , e non trova il senso per fare nulla.

Si ricorda che la depressione importante di cui era affetto per esempio il bravissimo attore Robin Williams, purtroppo scomparso a causa del suicidio, indurrebbe alcuni gli artisti, essendo molto sensibili e dotati di talento, alla depressione e al suicidio.

Decisamente la storia degli, attori, cantanti,pittori, scrittori ecc e racconta una percentuale di suicidi piuttosto alta.

L’affermazione però diffusa dai media  rispetto alla causalità dovuta alla sensibilità artistica come propensione alla depressione o al suicidio è errata perché in realtà si verifica il contrario. L’arte aiuta il depresso.

La depressione maggiore, alcuni casi di disturbi bipolari, per citarne i due principali, sono malattie, la cui causa è per lo meno psico-genetica, se non genetica.

Gli studi in questo settore lo hanno dimostrato, seppur con molte controversie, perciò, non si può sino ad ora, veramente dire ,scientificamente l’ultima parola in questo tipo di patologia, ma è certo che hanno un’origine primaria che comunque si manifesta come se fosse, come se fosse familiare oppure genetica. I livelli degli neurotrasmettitori ormonali della serotonina che genera un buon umore, sono nei depressi molto bassi e cosi il livello delle endorfine ecc

Penso che proprio il talento artistico e il desiderio di esporsi artisticamente venga scelto per la passione della quale questi privilegiati  godono e che la sensibilità e le capacità di identificazione e di introspezione elevate, generi un grande gratificazione e euforia.

L’esibirsi in teatro spesso rappresenta una sfida al proprio senso di vergogna: si sfida per dire di esistere: C’è un bisogno di esibirsi, di sfidare con la quale si vuole vincere insicurezza davanti al pubblico giudicante.

Il successo fa migliorare l’umore dell’artista che si illude a questo punto, di essere un po’ o molto onnipotente a seconda di quanto viene idealizzato dai fan e così entra in un afasie di euforismo.

Per questa ragione, le disillusione genera sofferenza, ma questo accade, in generale, a tutti gli esseri umani che si espongono nel lavoro, in una percentuale equivalente.

Nel caso di artisti che già soffrono di depressione, l’esercizio gratificante della loro professione può aiutarli molto, non avviene il contrario.

Si può dire che però che l’artista (dalle stelle alle stalle), potrebbe essere più esposto a una minore tolleranza alla frustrazione e quindi alla vergogna dell’insuccesso, ma se non è depresso in senso clinico non arriva al soppressione di se stesso.

Il suicidio é qualche volta agito come conseguenza della  preesistente depressione endogena che viene a sommarsi con la depressione recente depressione reattiva alle recenti frustrazioni, in altre parole,  dovuta a eventi altamente frustranti e desolanti, come perdite di amori importanti, gravi crisi economiche, altre malattie inguaribili ecc.

In altre parole, la depressione sia endogena che reattiva è una malattia che si cura bene sia con psicofarmaci efficaci che con una buona psicoterapia ben condotta da specialisti e si può guarire, o fortemente migliorare.

La gente soffre anche di  depressione minore, che non va mai trascurata, perché potrebbe aggravarsi e quindi curata per tempo. Non occorre preoccuparsi e tanto meno vergognarsene, piuttosto è conveniente non negarla a se stessi e quindi occuparsene in modo adeguato.

La distimia, per esempio, presenta sintomi di malinconia, di oscillazioni del tono dell’umore, di  permanenti piccole ossessioni, di bisogno di controllo, di doloretti al corpo come fibromalgie, disturbi all’apparato gastrico e al sistema neurovegetativo, cefalee varie, ecc.

Vale la pene farsene carico, proprio perché sarebbe buona idea volersi bene.

I due presidi importanti per la cura della depressione severa, maggiore sono i serotoninergici cioè gli antidepressivi che ricaptano la serotonina che è in circolo per via delle nostre azioni, ma sarebbero immediatamente riassorbita. Questi inibitori della ricaptazione mantengono più a lungo una sensazione di benessere. Spesso non sono sufficienti e nei casi gravi è bene usare farmaci come neurolettici e modulatori del tono dell’umore, per controllare una euforia tanto esagerata quanto pericolosa. La psicoterapia è essenziale.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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2 commenti

  1. Raffaella Buttazzi

    Pensando al vissuto di un attore piuttosto che all’esperienza di un pittore o scultore, rifletterei sulla dimensione simbolica dell’arte: dove l’incontro con l’opinione del pubblico dovrebbe leggersi, a mio parere, per essere gratificante emotivamente, come un gioco, “come se …” : cioè un’opportunità.

    Ma quando questa eserienza appare dispersa come sembra nel caso della depressione maggiore o nel mal di vivere?

    Mi domando, inoltre, se la depressione mascherata non sia per così dire più insidiosa perchè forse si presta per alcuni momenti ad essere più egosintonica?

    Raffaella

    1. @ Raffaella,

      Egosintonica significa che fa parte integrante di te e non sai come riconoscerla separatamente: per esempio non ti accorgi di avere un braccio finché l’articolazione funziona automaticamente. Se il braccio si ammala devi tenerne conto

      roberto.pani

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