La musica polifonica e le emozioni

La musica polifonica e le emozioni

519518323Penso che vi sia una certa equivalenza tra musica ed emozioni.

La polifonia della musica potrebbe equivalere alla molteplicità delle emozioni che sono presenti nell’essere umano.

Penso che la capacità di esprimere le emozioni corrisponda alla libertà interiore.

La creatività del pensiero e di ogni situazione scientifica implica una certa libertà. Questo non significa, a mio parere, che i musicisti siano liberi in tutti gli aspetti della loro personalità. Al contrario, mi sembra che spesso accada che la libertà musicale di tipo creativo scaturisca proprio da una prigionia psicologica che limiti l’individuo in molte aree della sua personalità.

Penso che per questa ragione molte persone sappiano esprimersi soltanto nella musica. Mi riferisco sia ai musicisti, sia a coloro che amano e sanno ascoltare e apprezzare la musica. Sanno cantare, danzare, fischiare, suonare qualsiasi strumento musicale, perché le loro emozioni si trasformano in note musicali interiori. Queste stesse persone possono essere però poco plastiche nel comprendere gli altri da un punto di vista psicologico o essere essi stessi portatori di problemi interiori.

Se guardiamo al passato molti dittatori non amavano la musica polifonica, cioè modulata con molte note e con arie musicali tanto complesse, quanto per cosi dire digressive.

La musica troppo libera veniva censurata così come la letteratura e in Italia, la stessa tecnica psicoanalitica censurata con il fascismo, riportata in ritardo da Cesare Musatti e Servadio dopo il ventennio mussoliniano.

Mi sembra che gli inni nazionali, per quanto molto belli, pensiamo all’inno italiano di Mameli, alla marsigliese, a quello statunitense e di tante altre Nazioni, siano composti in modo poco polifonico. Dovevano e debbono essere patriottiche, sia decisi, sia arricchiti con poche varianti, proprio al fine di esaltare l’unità nazionale, e di non distrarre troppo solo dunque al fine di unir tutti sotto una sola bandiera.

Ancora più unificanti e sintetiche mi appaiono le musiche delle marce militari quasi al fine di non lasciare alternative, dubbi nel retrocedere.

La libertà piace, ma fa paura, così come una certa musica tanto affascina quanto sconvolge e spaventa mentre richiede molto allenamento musicale per saperla apprezzare.

I Beatles e Rolling Stones hanno dato il via a una musica leggera legata alla libertà emozionale?

La musica classica è difficile da ascoltare, nel senso di comprenderla emozionalmente, non solo perché richiede esercizio e per alcune persone risulta incomprensibile e noiosa, ma perché può spaventare il mondo interiore umano, rischiando di sconvolgerlo.

Oggi se non ci fosse già, che musica troveremmo per l’Italia e per l’unità europea?

Mi sembrano assai interessanti le colonne sonore de film che accompagnate magistralmente valorizzano le trame e i momenti particolari delle pellicole tanto da farle meglio comprendere ed amare.

Sergio Leone con i suoi spaghetti western, ma non solo lui, deve molto, a mio parere, al Maestro Ennio Morricone. Non parliamo, per dire parliamone, dei grandi Colossal degli anni cinquanta/ sessanta come I dieci comandamenti, Ben-Hur, Cleopatra, La tunica, e altri, ma anche di tutto la filmologia del realismo italiano, per citare il valore musical di tanti film.

Non credo ci sia un film di successo, prodotto e proveniente da qualunque Paese, che non sia debitore al suo Compositore, Maestro della musica del sound track.

La musica fa bene e giova sempre al tono dell’umore, anche quando è triste perché rende consapevoli di cià che ci succede dentro. Si tratta di ali che muovono la libertà.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

2 commenti

  1. Raffaella Buttazzi

    Mi è sempre piaciuta la musica polifonica classica e anche la musica leggera perchè, quest’ultima in particolare, è stata spesso una compagnia preziosa della mia adolescenza: un modo per poter sentire e parlare a me stessa prima di tutto, come una sorta di confidente discreta.

    Il mio bisnonno era un direttore d’orchestra, per cui la musica classica con molte varianti è sempre entrata a casa, fin da bambina, andavo spesso ai concerti sin da ragazzina e condivido quanto approcciarsi alla musica professionalmente sia, a volte, sia un modo per esprimersi al di là di alcune rigidità emotive.

    Nei piccoli centri, come la città in cui abito, la possibilità di seguire concerti dal vivo di musica classica e non è piuttosto ristretta, questo forse esclude molte voci da vari punti di vista?

    Raffaella

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