Vale la pena sposarsi?

Vale la pena sposarsi?

Penso che sia una domanda abbastanza attuale. La società si è basata sin ad ora sull’insieme di cellule che costituiscono le famiglie e dalle quali nascono figli naturali alimentando una catena sia biologica, sia sociale.

Sempre più donne e uomini tuttavia vivono senza la presenza sotto lo stesso tetto di un partner, ma ciò non accade perché entrambi non trovino le partner e il matrimonio desiderato, piuttosto non sono convinte/i se valga la pena sposarsi.

Due libri pubblicati di recente da due giornaliste statunitensi hanno stimolato la domanda che molte donne nel mondo occidentale già si sono rivolte e cioè, se nella nostra società valga la pena dedicare tanto impegno psico-fisico per far funzionare l’eventuale coppia matrimoniale ormai appesantita da tanti problemi, particolarmente quando la tendenza di alcune donne va nella direzione della loro autonomia. La sicurezza offerta dalla vita di coppia appare sempre più scarsa, se non diminuita e dovuta a eventi sgradevoli che possono accadere nelle situazioni esistenziali.

Rebecca Traister e Moira Weigel scrivono rispettivamente All the single ladies, Labor of love

Per molte donne che lavorano con successo negli Stati Uniti è sotto minaccia, sia l’aspetto economico, sia ciò sia tradizionalmente si chiama amore che si trasforma dopo i primissimi tempi sognanti in un nuovo dovere che impegna con un nuovo duro lavoro e sacrifici, restrizioni di vita in un lavoro senza ricompensa.

Scrive Traister: vivere liberamente come single potrebbe costituire la vera liberazione, non il matrimonio!

Molte donne si accorgono di essere felici e interessate al loro lavoro, alla frequentazione degli amici e amiche ai bambini degli altri, ma non abbastanza da perdere tante opportunità che la vita può offrire di migliore e impegnarsi invece tante preoccupazioni che la via matrimoniale implicherebbe.

Molte donne pensavano inconsciamente e oggi coscientemente che il matrimonio e i bambini siano sempre stati collocati in fondo alla lista delle loro priorità, e oggi, nell’età di mezzo, sembra che tali progetti corrano il rischio di essere definitivamente depennati dai programmi esistenziali di molte donne.

Scrive la Traister: ci sono troppe altre cose che molte donne desiderano realizzare!

Perché tanto scandalo se noi donne ci comportassimo come gli uomini hanno agito per secoli senza la minima critica, piccolo senso di colpa?

Nei libri che io sappia, ancora non tradotti, si legge che la vera rivoluzione secondo le autrici, starebbe.

Nell’eliminazione dell’imperativo che per secoli ha incanalato tutte le donne verso il matrimonio eterosessuale e la maternità !

Non c’è un vero desiderio della donna, ma solo condizionamento culturale per cui, sin da bambine, in particolare le donne si pensano, realizzate con un marito e con figli per assoggettarsi a questo basilare principio che però limita tutto il resto della loro vita.

Tanto rammarico inconscio covato da donne in silenzio contro il matrimonio e maternità, ma oggi sembra che diventi coscienza finalmente visibile.

Weigel sostiene che il lavoro emozionale domestico ossia la fatica psicofisica non consiste solo nel fare le pulizie, cucinare o soffiare il naso ai bambini, ma organizzare la famiglia e le relazioni, pianificare il matrimonio e la riproduzione, ricordarsi i compleanni e gli anniversari, gestire lo stress degli altri, tenere conto delle malattie, delle spese impreviste.

Questi impegni si sono incanalati da tanti secoli nel corpo delle donne secondo una filosofia bio-naturalistica secondo la quale la natura divina vuole tutto questo.

Svolgere invece un tale lavoro, prosegue l’autrice, senza che le donne siano ricompensate rappresenta una grave minaccia di asimmetria per il funzionamento della nostra società.

Se le donne comprendono con spirito rivoluzionario che il matrimonio eterosessuale corrisponda a un lavoro vero e proprio, sostiene la Traister, tutto ciò farà loro pensare di riconsiderare le proprie scelte nel mettere su famiglie.

Anche l’uomo, penso, dovrà tener conto della rivoluzione delle donne rispetto a tale aspetto e riconsiderare se vale la pena per lui pensare alla famiglia in modo tradizionale, perché il proprio stile di vita dovrebbe cambiare in vista dell’altro femminile.

Accettare, nel migliore dei casi, una vita di gestione domestica è un prezzo troppo alto da pagare per un riconoscimento così limitato?

Aggiunge la Traister: veramente le donne desidererebbero trascorrere anni a curarsi dei bambini e di un partner, quando è già abbastanza difficile prendervi cura loro stesse stesse?

E’ indubbio che il matrimonio un tempo era l’unica opzione disponibile per la maggior parte delle donne che volessero una sicurezza finanziaria, figli legittimi, uno status sociale e una vita sessuale regolare. Ai nostri tempi, i benefici del matrimonio e della monogamia sono sempre più spesso sorpassati dai loro costi.

Gli studi sulla salute confermano che gli uomini che si sposano sono generalmente più in salute degli uomini single. Le donne sposate, invece, non risultano in salute rispetto alle donne single.

Oggi le donne single hanno più potere, ma c’è ancora un prezzo da pagare per la scelta di non sposarsi: il fatto che alcune donne in occidente guadagnano spesso meno degli uomini salvo che non siano sposate.

Ci si domanda: come si formeranno le nuove famiglie e come alleveranno i figli?

Penso che le scrittrici considerino che qualcuno lo farà lo stesso, e queste proposte di parità della coppia non impediranno di non avere figli che é un desiderio e quindi sarà mantenuto.

Nel mondo reale, Traister è convinta che le donne single dovrebbero pretendere dallo Stato il sostegno che un tempo era dato dai mariti.

Anche l’amore è probabilmente l’unica risorsa infinita e rinnovabile, ed è arrivato il momento di avere più scelta. Non si tratta quindi di impedire i matrimoni, ma di rendere alle donne e uomini più consapevolezza sulle loro possibili conseguenze quelle che hanno dominato il passato.

Se una coppia di eterosessuali è convinta perché si ama e non per quanto si è detto di utilitaristico, ben venga! Nel mondo reale l’amore è probabilmente l’unica risorsa infinita e rinnovabile, ed è arrivato il momento di allargare le scelte. In tal modo potrà esserci incontro e fare scelta all’interno di un contesto caratterizzato dall’uguaglianza.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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2 commenti

  1. Raffaella Buttazzi

    Sono convinta che l’amore sia l’unica risorsa rinnovabile ed infinita su cui basare una scelta matrimoniale o meno, ma obbietterei che non sono le soglie di un matrimonio a mettere in evidenza quanto si viva seguendo i propri desideri, l’interrogativo dovrebbe serenamente farsi vivo molto prima e per entrambi i sessi: l’ambito professionale non potrebbe altrimenti ad esempio costituire un condizionamento invece di un’ agognata libertà?

    E dinanzi alla scelta di avere o meno figli, mi chiederei come vivo oggi alcuni aspetti infantili di me, prima di decidere che sono veramente libera senza averne piuttosto che arricchita personalmente ed in coppia dalla loro presenza?

    Forse il timore è far coesistere aspetti nuovi con desideri profondi, dove la scelta non sia una fuga dal passato, ma un’autonomia autentica per entrambi i partners?

    Raffaella

  2. Francesco

    Si tratta di scelte di vita. Fortunatamente mi pare che oggi quella di rimanere single-per uomini e donne-sia stata finalmente accettata dalla società. Tutt’al più qualcuno può ancora fare della dietrologia sui gusti sessuali delle persone in questione-che è sufficiente ignorare- ma generalmente anche genitori e parenti abbozzano, in qualche caso rassegnandosi. Molto diverso il discorso riguardante la procreazione, con le donne nell’occhio del ciclone, Sono in balia di forze uguali e contrarie: da una parte familiari, amici e parenti che le vorrebbero madri ad ogni costo, dall’altra le aziende, pronte a metterle alla porta, in caso di maternità. E il Governo che fa? Banalizza la questione, lanciando il discusso e discutibile (per non dire altro) Fertility Day, come se fare figli fosse facile come andare a farsi una corsetta al parco invece di stare a casa davanti a TV e PC. In questo contesto alcune donne rivendicano il diritto di essere madri e lavoratrici, senza dover essere costrette a scegliere; altre, forse meno combattive ma pragmatiche, fanno un altro ragionamento: “la società di oggi mi impone di scegliere tra lavoro e maternità? Bene, io scelgo. Ma che nessuno si azzardi a contestarmi”. E così, molte di loro (in primis le giovani) che sono convinte che il lavoro (e non necessariamente la carriera) è indispensabile per la propria realizzazione e autonomia, rinunciano alla maternità. Ovviamente i loro problemi non finiscono lì, anzi forse proprio da lì iniziano: mi riferisco all’ “allegra” e disinvolta intromissione nella vita privata altrui di soggetti che non ne avrebbero alcun diritto. In questo contesto al limite della schizofrenia, è confortante notare come l’atteggiamento dei giovani mariti stia cambiando: si schierano sempre meno dalla parte di amici e parenti impiccioni e sempre di più da quella delle mogli. Pure loro sanno benissimo quanto sia difficile per una donna rientrare al lavoro dopo la maternità e del rischio che non ci rientri più. E che con uno stipendio solo non è così facile vivere bene. Appoggiano la scelta delle loro spose e la condividono, così che la decisione di non diventare genitori non è più solamente della donna, ma della coppia. Con buona pace dei “fertility”, di Stato e parentali.

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