Un figlio è per sempre

Un figlio è per sempre

Si tratta di un assunto che può angosciare le donne superficialmente denominate negli USA childfree, soprattutto se tramandato da madre in figlia attraverso la comunicazione emotiva: tale messaggio evoca il concetto dell’irreversibilità della scelta di essere madri. Può essere avvertita da alcune ragazze inconsapevolmente come una grave responsabilità, a volte un fardello troppo pesante che uccide un desiderio spontaneo.

Sempre più donne non accettano la maternità, anche se resta un tabù e parlarne diventa difficile. Cerchiamo di osservare il tema delicato con altrettanta delicatezza.

Childfree, è  creato dall’unione di child e free, letteralmente libero da figli. Nel tema semantico della parola non ci vorrebbe essere alcuna vena polemica, seppure alcune donne che mi hanno scritto contestano di non sentirsi libere di poter scegliere di mettere al mondo figli o di rinunciarvi. Lamentano alcune di considerare tale possibilità un’autentica scelta e non sentire il loro destino di donne legato a un dovere imposto dalla natura. La natura protegge se stessa e noi dobbiamo servirla –sostengono alcune.

Ed è proprio qui che si gioca l’equivoco su scelte che sono radicalmente opposte, e che non trovano un punto comune.

Perché alcune donne in accordo con i loro compagni, ma a volte in disaccordo, scelgono di non avere figli?

Penso che non sempre alcune donne incontrino uomini in grado di funzionare come padri potenziali e uomini attendibili per essere di aiuto nel condividere un’esperienza assai importante come quella di aiutare e amare il bambino come potenzialità del futuro: in particolare di condividere con la compagna la responsabilità di supportarla in modo adeguato.

L’instabilità è sentita da molti uomini che si rifiutano, come del resto è sempre accaduto da parte di molti di loro, di condividere le difficoltà insieme alla compagna, in particolare in modo concreto e quotidiano sembra anche essere in aumento.

Non esiste soltanto il maternage, ma dovrebbe essere rinforzato, specialmente in un momento psico-sociologico difficile, ma direi sempre in tutte i periodi storici, un partenage che si esprime con caratteristiche peculiari, anche differenti da quelle materne, ma mi sembra indispensabile alla coppia genitoriale e in genere al suo funzionamento di scambio affettivo.

Ho conosciuto professionalmente donne che rifiutavano la maternità, pur desiderando inconsciamente di avere un figlio, per il fatto che prevaleva in loro la coda di personali esperienze passate non felici da un lato, e dall’altro, erano dissuase da fidanzati non tanto convinti sulla condivisione affettiva di diventare padri. Tali donne sentivano nel figlio una parte negativa di loro stesse e percepivano nei loro partner una insicurezza nella condivisione e così pensavano loro stesse di non essere in grado di diventare madri.

Queste stesse donne hanno cambiato idea con partner adeguati più sicuri e convinti nei propri desideri paterni.

Nonostante la caduta di natalità aumenti, sia in Italia sia in altri Paesi occidentali e la diminuzione indichi che molte donne rinuncino ad avere figli, non penso che la natura della femminilità sia stata stravolta dalle difficoltà economiche, dalla mentalità razionle-illuministica.

Accade di frequente che vi sia un ritardo eccezionale nel generare, al limite e oltre i consigli della biologia, fisiologia e endocrinologia. Comunque magari anche artificialmente le donne raggiungono lo scopo: questo suggerisce però che in molti casi, la natura della donna non è mai scomparsa. Alcune difficoltà di varia origine hanno evidentemente rimandato l’evento.

Ci sono molte eccezioni o che non cancellano l’ipotesi del desiderio femminile, anche se mi sembra più che giusto rispettare le donne la cui femminilità rifiuta, convinta, la maternità.

Esistono alcuni casi di rifiuto di avere figli che fanno riferimento a giovani donne che temono la trasformazione del loro corpo nell’ospitare il feto. Spesso questo timore è temuto da giovani donne belle o che aspirano a mantenere una linea estetica che valorizzi il loro corpo. 
Spaventano inoltre le possibili malattie che potrebbero comparire nel feto e che allertano le tendenze ipocondriache di alcune giovani donne; per non parlare di donne che hanno la tendenza all’anoressia nervosa e che presentano qualche problema con l’alimentazione regolare.

Tra donne, rinunciare aver figli potrebbe essere un tema del quale si fa fatica a parlare, poiché molte giovani ragazze si vergognano di dichiarare alle loro amiche le ragioni della loro rinuncia, se queste sono di ordine estetico.

Ho comunque costatato che, avendo la possibilità di lavorare psicologicamente con alcune giovani donne spesso che il desiderio naturale di procreare si manifesta imponente, sia livello di desiderio di maternità, sia a livello dell’esperienza corporea. Succede che, se per ragioni cliniche la potenziale madre non può avere questa esperienza generativa, il dolore può essere immenso difficile la rassegnazione o elaborazione del lutto per aver perso tale possibilità. Qualche volta capita che i matrimoni s’infrangano su tale aspetto, e in qualche caso, la donna colpevolizza il partner, anche se non esiste alcuna responsabilità biologica.

Alcune difficoltà possono frapporsi alla gravidanza quando le esperienze antiche in famiglia d’origine restituiscono inconsapevolmente alla giovane donna un’immagine di se stessa poco considerata, molto svalorizzata che fanno sentire la piccola bambina che esiste ancora in lei adulta, con bassa fiducia nel Sé e quindi anche scarsa autostima.

Diventare madre oggi tuttavia appare più una scelta e non più un’imposizione sociale anche se qualche volta, gruppi sociali e il compagno sembrano costringere la donna perché lui vorrebbe risolutamente diventare padre.

Penso che la natura non sia cambiata nella donna, ma che la società consumistica, i problemi economici, alcuni stereotipi sociali, esperienze psicologiche negative legate al passato arcaico nella giovane donna influenzino il suo vissuto e blocchino la sua libertà di scelta femminile.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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2 commenti

  1. Raffaella buttazzi

    Pensando alle paure descritte rispetto alla maternità, mi accorgo di essermici confrontata più volte, ribadendo comunque un desiderio personale profondo in rapporto ad una relazone di coppia importante emotivamente, dove riconosco, anche rispetto ad esperienze molto positive di coppie di amici, la rilevanza del patertage e dell’elaborazione da parte femminile di alcuni vissuti : l’ansia del “per sempre” è, a mio avviso, invece una possibilità espressiva in più nella coppia e una alternativa ricca di curiosità riguardante i nascituri.

    Forse l’aspetto un poco più complicato sarebbe la rinucia alla maternità nella relazione significativa per ragioni biologiche, ma prima che si frappongano anche ragioni psicologiche, cercherei un’adozione dove comunque c ‘è un desiderio che si realizza: lo stesso che porta ognuno in coppia ed anche i figli a coesistere e costruire una realtà affettiva insieme?

    Raffaella

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