L’aggressività nasce dal bisogno di appropriazione

L’aggressività nasce dal bisogno di appropriazione

La mia ipotesi psicologica sull’aggressività umana si basa su un’interpretazione di comportamenti sia intenzionali, sia non coscienti che hanno come scopo quello di procurarsi, in vario modo, anche con inaudita violenza fisica, morte e guerra, tutto ciò di cui si ha, oppure si crede, di avere bisogno.

La frustrazione di qualunque tipo e per qualunque causa, richiede una compensazione, come se fosse una restituzione naturale di qualcosa che è stato rubato. L’argomento della sessualità non è indifferente alla frustrazione (ai primi dello scorso secolo, Dollar e Miller). L’aggressività umana è principalmente connaturata con gli esseri viventi e ha varie manifestazioni latenti, passive espresse negli atti impulsivi che si considerano normali

I bisogni naturali quando gravemente inappagati possono aumentare anche di molto nel generare comportamenti aggressivi con stili diversi sino a quelli più severi come quelli criminali che anche degenerano in atti sia molto efferati sia molto crudeli, tanto che nel pensiero filosofico di Seneca, l’aggressività di Nerone era considerata un equivalente della sua follia. In effetti certi parafrenici come alcuni paranoici, in fase iper-maniacale e delirante si rivelano assai pericolosi verso gli altri e sebbene siano pochi nel complesso, di solito alquanto dissociati mentalmente su componenti sessuali, possono diventare serial killer.

Le teorie psicologiche dell’ultimo secolo convergono in molti concetti e ipotesi.

Freud (Perché la guerra ? nel carteggio Albert Einstein e Sigmund Freud 1932e molti psicoanalisti hanno creduto e credono che la pulsione di morte, pur essendo mediata dalla mente, sia determinata da una base biologica che stimola le fantasie e i pensieri aggressivi.

Gli etologi come Konrad Lorenz, osservando il comportamento dei mammiferi, riconoscono decisamente le trame biologiche dei comportamenti aggressivi anche quando gli animali sono in fase ludica.

L’odio, il rancore, l’ira, la rabbia sono controbilanciate dall’amore, libido, tenerezza, proiettività.

L’ambivalenza significa appunto che in ogni componente amorosa, può esservi aggressività.

Da tempo sappiamo che la parte anteriore del cervello umano, il sistema limbico, l’amigdala, il cingolo, e l’emisfero destro della corteccia comandano il comportamento emozionale.

I neuro-ormoni del sistema endocrino connessi con il cervello e coinvolti nel comportamento aggressivo sono le catecolamine quali la dopamina, il cortisolo, l’acetilcolina, l’adrenalina, la noradrenalina, ecc. Tali neurotrasmettitori sono mossi dalle emozioni, che sono attivate dai vissuti negativi e positivi e dalle frustrazioni.

L’immagine di Sé negativa favorisce i pensieri aggressivi verso Sé, convertendoli spesso verso gli altri.

Spesso la paura si trasforma in coraggio e l’atto aggressivo è dovuto a una reazione difensiva.

La rabbia si attiva quando una persona sente di essere stata disprezzata da un suo simile e diventa comportamento aggressivo nel momento in cui il denigrato sente il bisogno di vendicarsi.

La rabbia biliosa si attiva subito dopo aver subito un torto ma si attenua rapidamente.

L’iracondia è quell’aggressività

Sepolta nel mondo interno, si acutizza ogniqualvolta si pensa all’episodio che l’ha scatenata.

Il furore è quell’emozione che si esplicita nel momento della vendetta, (vedi tante azioni come il femmicidio, dove l’appartenenza non é più sotto il controllo dell’uomo che non può accettare di vivere senza l’oggetto del suo potere, scambiato come amore).

La violenza, paradossalmente è meno pericolosa quando la rabbia è impulsiva, mentre quando è lenta a manifestarsi, può esplodere in atti omicidi dopo una lunga e esasperata premeditazione, come spesso vediamo in molti omicidi.

Secondo la mie osservazioni e esperienze di ascolto clinico, l’aggressività sviluppa le già esistenti predisposizione genetiche a causa di emozioni che fanno sentire la minaccia di perdita di ciò che si possiede sia materiale, sia affettivo. In questa accezione, il bisogno equivale al sentimento di mantenimento di ciò che si possiede perché già ottenuto che segue il bisogno di appropriazione di qualunque tipo, materiale o affettivo.

Mi sembra che l’uomo per la sua sicurezza vitale, materiale e affettiva cerchi di appropriarsi di certezze, cerchi quindi di ottenere il potere di fare quel che gli sembra utile, anche se a volte potrebbe essere futile.

Tale potere che più grande é, meglio sarebbe, spinge in generale l’essere umano ad appropriarsi di punti fermi in tutti i settori del mondo reale, ma in spazi larghi e sempre di più, ambisce ad aver garanzie contro i guai che gli sembra che qualcuno possa minacciare e far sparire tali certezze. Pensiamo a certi dittatori come la storia ci insegna, Hitler per esempio.

Tutto questo si realizza con una finalità ben precisa, spesso illusoria se non delirante, che è quella di assicurare un futuro per sé e per coloro che condividono lo stesso patrimonio genetico.

L’aggressività è spesso preventiva e scatta in modo irrazionale perché gli interlocutori interiori cattivi, i fantasmi che derivano da esperienze primarie, portano ad esser sospettosi, a sentirci feriti anche se con scarsi motivi. Immaginiamo semplicemente cosa può accadere quando l’interazione con gli altri in attività socialmente accettate, come in famiglia fra fratelli o da adulti, si lavora in un’azienda.

Se l’oggettiva disparità di trattamento con gli altri trova ragione, scatta un’aggressività a volte incontrollabile, anche sadomasochistica che vede in scena omicidi e suicidi. Il problema poi della conflittualità si può, come sappiamo dilatare ed estendere a livello di Paesi nella geografia territoriale del pianeta. Si scatenano le guerre devastanti, oppure un terrorismo che è guerra strisciante (a pezzi … il Papa) e illimitata a base di suicidi-omicidi di kamikaze e di civili.

Cosa può lenire l’aggressività quando è fortemente pericolosa ? Da un lato l’educazione sociale e progredita in modo civile dei vari Paesi, grazie alla conoscenza e alla cultura, dall’altro l’aiuto di può farlo a chi individualmente o in gruppo chiede e ha bisogno di digerire i propri fantasmi che hanno bloccato una sana e adulta evoluzione verso ciò che dovrebbe essere costruttivo e positivo. La resilienza significa proprio questo. Utilizzare il cattivo, pericoloso dannoso, catturando l’energia per trasformarla in tutto ciò che è positivo. Magari fosse facile !

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

2 commenti

  1. daniela

    Personalmente mi viene, spesso, di reagire in modo indifferente all’aggressività altrui, specialmente in situazioni formali, a volte di scappare, a volte, ancora, aggredire per difendermi. Ma reagire in modo consapevole e immediato, e senza pensarci e ripensarci sopra, sarebbe il top per me!

    1. Riuscire a far ciò dipende dalla capacità di riconoscere i propri sentimenti e non averne paura e quindi dopo aver familirizzato con questi, si può esser sentivi e determinati senza spaventarsi roberto pani

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