L’adottivo rafforza la propria identità recuperando la madre biologica

L’adottivo rafforza la propria identità recuperando la madre biologica

La legge del 1983 impediva di conoscere a chi era stato adottato l’identità della madre biologica: spesso lei non desiderava essere riconosciuta e l’atto di nascita era nascosto per cento anni.

Nel 1983 si è cominciato a tentare di tutelare l’identità delle madri cosi dette colpevoli perché si è compreso tramite esperti, che le donne potevano non essere colpevoli quando, giovanissime ragazze, per esempio erano state stuprate, si erano prostituite per un breve periodo, oppure per povertà, per violenza sessuale da parte di familiari, o molto semplicemente per un convinto rifiuto di maternità.

Si diceva che i figli della colpa erano nati da una mignot-ta il cui termine deriva da Madre-Ignota.

La storia o leggenda racconta di Rea Silvia, madre di Romolo e Remo che abbandonò entrambi i fratelli. La Bibbia descrive come la madre di Mosè lasciò scorrere la cesta nella quale aveva riposto il figlio lungo la costa del Nilo per aiutarlo a sfuggire alla morte ordinata dal Faraone Ramesse I.

Le storie di figli abbandonati oggi sono state e sono ancora drammi che grazie al miglioramento delle condizioni economiche, e della consentita interruzione volontaria della gravidanza, l’abbandono dei figli da parte delle madri, da un’altissima percentuale che si confermava alta, si sono molto ridotti di tantissimo rispetto a un tempo anche lontano nella storia, quando il fenomeno era registrato come assai frequente.

Se la legge del 2017 sarà approvata definitivamente, una volta compiuti i diciotto anni, i figli potranno conoscere la madre biologica rivolgendosi al Tribunale dei minori.

La madre che aveva chiesto di restare anonima dopo il parto dei figli, in modo molto riservato, sarà contattata e informata dei desideri del figlio o figli, sul fatto cioè che la stanno cercando.

Solamente con il suo consenso sarà rivelata la sua identità e in caso di rifiuto, il figlio o la figlia potranno ricevere le informazioni del caso.

La privacy materna che potrebbe però essere stata fortemente giustificata nell’atto stesso di prevedere a un migliore destino per il o la figlia, decisione agita per fini buoni e non immorali, cioè, in sostanza, per ragioni di proiettività verso il figlio/figlia viene così violata.

In questi tempi di donazione di ovuli e di adozioni anche internazionali, mi sembra che la maternità stia diventando un evento svolto prevalentemente per ragioni psicologiche che biologiche.

Svelare il mistero delle nostre origini, andare incontro alla profonda nostalgia di un corpo che ci ha contenuto portandoci alla vita, potrebbe essere un bene assai positivo, ma non tutti sono d’accordo.

Ho pensato in passato, da un punto di vista professionale, costatare che quasi tutti i figli adottivi hanno fatto tentativi senza riuscirvi per risalire alle loro origini biologiche.

Effettivamente conoscerle potrebbe essere di aiuto nelle malattie dei figli e predisposizioni genetiche di queste.

Questa ricerca era dettata da un bisogno di trovare un’identità sicura, ma anche di trovare un’alternativa alla situazione di infelicità dovuta al non sapere il perché questa madre li aveva abbandonato.

E’ stata una madre che si è sacrificata per il mio bene o è stata una donna egoista che non mi ha amato nemmeno per un momento? – Era nei figli un interrogativo inquietante. I figli erano molto ambivalenti in questa ricerca. Lasciare i genitori adottivi che, magari avrebbero sentito ingratitudine nei confronti dei figli adottati, oppure sarebbe stato un bene per tutti trovare la verità autentica cioè dare a Cesare quel che è di Cesare ?

Molti ragazzi non avrebbero voluto sapere e accettavano la loro condizione, soddisfatti e grati ai genitori che si ritrovavano.

Penso anche che a parte questo rischio nel conoscere la verità, le madri potrebbero sentirsi molto male per aver commesso un atto allora comprensibile, ma comunque moralmente penalizzato, forse interiormente imperdonabile per se stesse…

Chi dice che questa legge non possa aggravare l’abbandono dei figli per strada, mettendo a repentaglio la loro stessa delicata vita? Chi potrebbe garantire alcuni eventi impensabili secondo cui madri immature e in condizioni precarie, magari anche del tutto irresponsabili, non arriverebbero sopprimere anche i neonati? Ritornare cioè al terribile passato storico?

Forse da un punto di vista psicologico, la ricerca di una propria identità biologica può migliorare complessivamente la vita degli adottati, specialmente se i genitori adottivi non si sentono feriti dalla ricerca dei loro figli.

 

 

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

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