Il pregiudizio

Il pregiudizio

Si può, a mio parere, considerare il pregiudizio come un pensiero rigido preconcetto, impulsivo, irrazionale e avventato che non presuppone una conoscenza della realtà adeguata, in senso scientifico.

Gli psicoanalisti ritengono che siano alcuni pensieri che aggiungano certezza e producano emozioni, di simpatia o di antipatia, verso persone, Nazioni, razze, ma anche verso Religioni e Istituzioni.

Lo smascheramento dei pregiudizi era diventato tra il 700 e l’800 una delle maggiori preoccupazioni tra i filosofi illuministici, come un forte tentativo di abbattere ogni pregiudizio.

Nel contesto delle immagini prodotte dall’altro, il pregiudizio indica una certa dinamica psicologica; lo stereotipo dà seguito a una specifica espressione linguistica e letteraria.

Di certo anche la psicologia sociale si serve del termine stereotipo nel senso di una decisione della mente che funge da riferimento, spesso anche un pensiero errato, viziato da abitudini fisse, basate su impressioni infondate che si alimentano in un riciclo continuo creando miti e leggende.

Queste si estendono sempre più spacciando le verità dei fatti con il bisogno seduttivo di ottenere sicurezza.

Per esempio gli antichi gladiatori romani si presentavano davanti all’Imperatore nel Circo Massimo o nel Colosseo prima del combattimento mostrando il loro coraggio proclamando: ave Caesar, morituri te salutant!

Gli storici ci informano sul fatto che questa procedura non era mai stata in voga.

Qualcosa di simile pare che avvenne solo una volta quando alcuni traditori dell’Impero, condannati a morte, vezzeggiando l’Imperatore, lo abbiano deriso come se lui fosse un vigliacco e loro invece uomini coraggiosi pronti ad affrontare impavidi la morte.

Il pregiudizio consiste banalmente di trasformare la storia di un dettaglio per ingigantire la crudeltà dei costumi contro l’imperatore.

Lo stereotipo similmente al pregiudizio serve a creare una leggenda e un mito che rafforzano un’impressione desiderata dal popolo o da chi lo comanda, pur sapendo che la realtà scientifica è altro da ciò.

Lo stereotipo sostiene una verità alla quale assomiglia solo parzialmente, ma che si diffonde auto-rinforzandosi nel tempo.

Le leggende che possono seguire dei principi o eventi stereotipati generano pregiudizi e preconcetti.

La semplificazione attraverso i pregiudizi facilita la diffusione di quel che si vuole diffondere o minimizza quel che non si vuole far sapere.

I media poi possono creare un eroe con facilità, come lo possono minimizzare sino a farlo scomparire dalla scena trionfante.

Uno degli stereotipi che ha influenzato la nostra storia ha riguardato le guerre di religioni, la caccia alle streghe con l’avvento del protestantesimo, il fenomeno sessuale o il razzismo contro gli ebrei e contro la razza negroide e persino i preconcetti contro gli italiani del meridione.

Le razze sono solo la tipologia che si caratterizzano nei genotipi e fenotipi delle persone.

Come è noto, le razze presentano caratteristiche diverse: la razza caucasica, la razza mongoloide orientale, la razza etiope poi denominate negroide, razza messicana, indiana per non essere confuse con la razza etiope vera e propria, la razza amerindia e quella malayana.

Ma in modo assoluto non esiste l’attribuzione di tali caratteristiche alla inferiorità /superiorità delle razze l’una sulle altre.

Tali eventuali pregiudizi hanno generato nella storia devastanti ripercussioni sociali, espressi nelle inutili guerre e nella sofferenza umana.

I tentativi razzistici sono a mio parere solo falsità concrete, non valori in qualche modo utili all’umanità: il razzismo appunto serve agli aggressori solo a livello strumentale, perché ha come scopo di liberare un altro popolo che disturba la propria economia e limita la potenza politica del popolo che inizia il confitto.

Spesso il pregiudizio nasce da un’antipatia basata su generalizzazioni irreversibili e in mala fede.

Il dibattito sul pregiudizio è uno dei grandi temi trattato dai filosofi ideologi dell’Illuminismo.

In tal senso gli stereotipi sono utilizzati per esprimere convenienze politiche e sociali che si sottoscrivono o sono rappresentati nei testi letterari.

C’è una certa fedeltà e coerenza verso il gruppo di appartenenza e così le idee si cronicizzano in pensiero preconcetto e tracciano l’immagine di un futuro sempre uguale e limitato, anche se parallelamente possono offrire sicurezza alla gente. 

Sia il pregiudizio sia lo stereotipo vengono ritenuti un concetto scientifico per un’opinione acritica.

Perciò gli stereotipi vengono confrontati con le realtà alle quali si riferiscono e così generalmente riconosciuti non corrispondenti alla verità o corrispondenti solo in parte.

Il sociologo H. Bausinger ha invece ricordato tre qualità funzionali degli stereotipi: la capacità di esprimere una parziale verità in quanto generalizzazioni di caratteristiche effettive; la funzione di orientamento che riduce la complessità di materiali confusi, facilitando così la comunicazione; la qualità di creare degli effetti reali offrendoci delle possibilità d’identificazione.

Per quanto riguarda la politica, il pregiudizio è asservito molto frequentemente alle classi sociali e alle razze. Grande conquista della politica mondiale è sicuramente quella dell’elezione, negli Stati Uniti d’America, di un presidente di razza nera, Barack Obama, primo nella storia di questa epoca storica.

Infine, l’aspetto civile e sociale viene fortemente influenzato da questi pregiudizi, così come lo è quello bellico, in cui le discriminazioni e l’odio tra razze diverse svolgono un ruolo determinante.

Il pregiudizio impoverisce uomini e cultura nei vari Paesi: riduce le alternative possibili per trovare le soluzioni ai veri problemi della terra e dell’umanità.

Il razzismo ideologico e politico per esempio costituisce, come citato sopra, un danno anche a livello civile e morale.

Le vittime sono le prime a essere gravemente penalizzate da quello che la storia ci ha insegnato.

Ma anche i persecutori razziali a causa di un grandioso quanto nocivo pregiudizio negano all’umanità le notevoli risorse che le persone che vivono negli innumerevoli Paesi del globo possono offrire anche a loro stessi.

La diffusione sempre maggiore e sofisticata della cultura e l’incontro della gente che viaggia può aiutare ad allargare la comprensione e l’aperura alla collaborazione dei popoli e alla resilienza delle risorse negative che non possiamo evitare.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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