Non ho paura del coronavirus

Non ho paura del coronavirus

In un’intervista telefonica di 20 persone, divise in 2 gruppi di sesso misto, distinti per età ma comunque entrambi giovani, che hanno affermato di non aver paura del coronavirus, ho chiesto cosa intendessero esattamente con non aver paura. La mia è una semplice indagine, non ovviamente scientifica e perciò non attendibile come tale, ma frutto di una pura personale curiosità.

Il campione di persone essendo praticamente non valido, non è rappresentativo, ma le loro risposte mi hanno colpito pensando ai messaggi dei media, atti a rasserenare i giovani immaginandoli tutti fragili e spaventatissimi.

Ecco una risposta media, proveniente dal gruppo di dieci della tipologia dei ventenni: (ragazza)… mah non so! non mi fa paura… non penso di ammalarmi, e poi penserei di guarire non so… penso che resterei a casa con i miei genitori come sempre… penso guarirei… per lo più si guarisce… tutti dicono coraggio, coraggio, ma io e anche le mie amiche non abbiamo paura…

Oppure

Ecco una risposta media proveniente dall’altro gruppo degli altri dieci della tipologia media dei circa quarantenni: (uomo)… mi rendo conto che sarà un disastro economico, ma penso che ne usciremo come sempre.. perché dovrei morire?… per lo più si guarisce e certo che sarebbe problema… ma non ho paura… è una grossa seccatura, non posso fare quello che vorrei e mi tocca stare in casa con mia madre perché non ho ancora una casa mia… si e poi il lavoro che ho cominciato, mah?

Queste risposte fanno pensare a un’ingenuità anche a quaranta anni.

I ventenni probabilmente vivono ancora in famiglia non sentono di essere protagonisti della loro vita e sentono che il mondo nel quale operare è ancora lontano. La famiglia idealmente continua a proteggerli perché è ancora al confine tra le difficoltà rappresentate dalla realtà esterna e il mondo interno familiare. Le difese adolescenziali, che includono un po’ di onnipotenza, utilizzano questo meccanismo per esorcizzare di coinvolgersi nel mondo reale.

In realtà anche gli adolescenti avrebbero paura se si trovassero a tu per tu con certe difficoltà, ma invece alcuni di loro possono ancora raccontarsela come se il mondo reale fosse visto con il cannocchiale. In fondo, poi, sono fieri della loro non paura. Alcune/i di loro esibiscono il loro presunto coraggio e anche sotto-intendono il fatto che gli adulti non le/i comprendono tanto bene, per esempio, perché proprio loro non hanno paura.

Nei quarantenni circa, le risposte sembrano esprimere un coraggio di fronte alla possibile malattia/morte e non avvertire il senso apocalittico della pandemia. Oggi c’è questo, ma domani sarà tutto come prima, sembra essere il pensiero sottostante.

Forse perché io penso che domani non sarà tutto come prima, rimango un po’ sorpreso.

Inoltre penso che anche i giovani possono ammalarsi seriamente e per ragioni diverse.

Non sappiamo abbastanza del virus per poter stare tranquilli: non dobbiamo entrare nel terrore, ma osservare sia con fiducia, ma anche con prudenza e scrupolosa attenzione ai pericoli.

I giovani possono ammalarsi perché alcuni sono di salute cagionevole e lo sono stati sempre, per cui le difese immunitarie non preservano a sufficienza dagli attacchi di un virus altamente contagioso in cerca di corpi su cui sistemarsi al fine di replicarsi.

Ma anche i giovani robusti e con un sistema immunitario potrebbero essere a rischio.

Mi baso su insidiose quanto indesiderabili ipotesi che riguardano ricerche svolte sulla pandemia del 1918/1920 (la cosidetta Spagnola).

Un gruppo di ricercatori ha ritenuto che l’elevata mortalità dell’influenza spagnola fosse stata provocata da soggetti con sistema immunitario più debole, come bambini ed anziani, ma anche nei giovani adulti, e precisamente dalle loro forti reazioni del sistema immunitario che si sarebbe eccessivamente scatenato con reazioni parossistiche contro i ceppi del virus spagnolo. Studi del 1993 hanno rilevato che nel sistema immunitario le citochine segnalano alle cellule immunitarie, come le cellule T e i macrofagi, la necessità di viaggiare verso il sito dell’infezione. Inoltre le citochine attivano le stesse cellule, stimolandole a produrre altre citochine. Normalmente, il corpo ha dei sistemi che regolano normalmente questo meccanismo, ma in alcuni casi la reazione diventa incontrollata, e troppe cellule immunitarie sono attivate in un unico luogo. Sembra che appunto il sistema immunitario scateni una risposta esagerata nei confronti di un invasore nuovo e percepito come altamente patogeno, cioè anche nel nostro caso ipotesi per niente accreditata, potrebbe riferirsi ai nuovi ceppi del virus, che sono in via di studio. Le tempeste di citochine possono quindi danneggiare significativamente i tessuti e gli organi del corpo. Se una tempesta di citochine avviene nei polmoni, ad esempio, può verificarsi un accumulo di fluidi e cellule immunitarie che può a sua volta potebbe bloccare le vie respiratorie e portare alla morte.

Consideriamo comunque che la tempesta di citochine (come l’interleuchina 1 e l’interleuchina 6) è  l’espressione sistemica di un sistema immunitario forte e in salute. Pensiamo a certi sportivi, anche atleti.

Naturalmente, questa considerazione non va presa come un allarme perché non è nel nostro caso di virus, confermato da nessuno, e tanto meno dalla scienza, ma mi è sembrato interessante avere tale conoscenza.

Comunque sembra che i giovani adulti, pur sani, non siano esenti da contagio seppur non letali come le persone con malattie pregresse.

Consiglio di osservare tassativamente le prescrizioni delle autorità.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

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