La psicoterapia con il metodo del tele-lavoro

La psicoterapia con il metodo del tele-lavoro

Non è una novità. Già trenta anni fa negli Stati Uniti la psicoterapia veniva praticata anche con l’uso del telefono, ma non riguardava il metodo psicoanalitico.

Il setting psicoanalitico, cioè la situazione che si crea nella relazione tra paziente e analista, appariva, sin dall’inizio dei tentativi di contatto a distanza, meno gestibile del setting che prevede una gestione della crisi (crisis management).

Il motivo che giustificava l’uso del telefono si spiegava, e si spiega, con la forte tendenza degli americani a viaggiare sia all’interno dei confini statunitensi tra i vari Stati, sia all’estero…

Mancare le varie sedute spesso plurisettimanali con lo psicoterapeuta era d’avvero un peccato e cambiare professionista ogni qual volta ci si trasferiva per brevi periodi sarebbe stato non conveniente per non dire assurdo e impraticabile: pertanto il telefono appariva come l’unica soluzione, e infatti si è dimostrato un valido espediente per mantenere la comunicazione e lo svolgimento regolare delle sedute, pur con qualche inconveniente.

La Division Psicoanalitica 39’s, in un simposio sulla psicoanalisi per telefono all’APA (American Psychological Association), presentò durante l’Annual Conventionnell’Agosto del 2000 vari interessanti lavori (Manosevitz, 2000).

Dopo quel periodo, numerosi libri sono stati pubblicati sull’argomento.

Molto gradatamente, per gli stessi motivi americani, anche in Europa prese piede la modalità del telelavoro in psicoterapia.

Dirò subito che personalmente sono a favore dell’uso molto controllato di tale tecnica in psicoterapia. Tale tecnica può funzionare a mio parere solo per periodi occasionali e necessari al solo fine di non interrompere la psicoterapia in presenza.

La psicoterapia a remoto evidenzia caratteristiche che riducono l’efficacia della cura per alcuni motivi.

Ne risente maggiormente, come appariva sin dall’inizio, la psicoterapia psicoanalitica che prevede oggi, seppur meno di un tempo e se possibile, una frequenza di sedute di almeno due sedute settimanali.

A maggior ragione, e comunque, nel caso di frequenza mono settimanale, viene meno all’interno della relazione duale la sensorialità.

La sensorialità, che solo la presenza fisica offre nella relazione, appare fondamentale nel metodo psicoanalitico con e senza uso del sofà.

Inoltre bisogna considerare che il setting, cioè la cornice all’interno della quale si svolge la comunicazione dinamica tra paziente e psicoterapeuta, è altamente funzionale ai fini del processo di elaborazione durante il lavoro psichico e dei passaggi delle varie mentalizzazioni delle epoche, quelle che sono altamente significative nell’evoluzione della cura.

Si può riconoscere che tale contesto/cornice che il setting rappresenta e implichi una creazione di una specifica atmosfera che caratterizzerà le sedute.

La relazione empatica è fatta di un insieme di ingredienti emotivi condivisibili che includono la corporeità, nonché la mimica facciale, la postura anche se si usa il sofà.

Nel caso dell’uso del sofà, come noto, lo psicoanalista si colloca alle spalle di chi si posiziona nel divano e si assesta in posizione di ascolto.

La sensorialità selettiva delle persone include in qualche modo anche l’atmosfera degli odori specifici familiari velatamente gradevoli, caratteristici di quella situazione, anche se può accadere di non rendersene conto durante i primi tempi delle sedute.

Il tono della voce, i movimenti corporei costituiscono suoni, percezioni che sintetizzano la comunicazione e meta-comunicazione nel loro complesso.

La situazione analitica si svolge nello studio dello psicoterapeuta all’interno di un tempo/spazio, può ricordare anche un contesto di set teatrale.

La situazione psicoanalitica contiene al suo interno fattori suggestivi, ma questi fattori suggestivi del setting non servono per suggestionare il paziente, ma per suscitare attenzione al proprio personale mondo interno e promuovere la metabolizzazione degli eventi psichici.

In psicoanalisi infatti non si desidera suggestionare, ma al contrario favorire una trasformazione permanente e migliorativa della autonomia.

Freud insieme a Breuer aveva presto rinunciato al metodo ipnotico, appreso a Parigi da Charcot nel 1885, perché appunto non risolveva i problemi più profondi del paziente, ma solo li incapsulava aggravando in seguito alcuni sintomi e le sofferenze inconsce che non trovavano modo di essere ascoltate e non visibili e quindi come relative all’Ego e non Ego-sintoniche assolute.

Freud comprese che il metodo psicoanalitico s’incaricava di favorire nel paziente la metabolizzazione delle esperienze per una trasformazione positiva della propria identità e del Self.

Nel rapporto di psicoterapia con il metodo del telelavoro dove ci si può vedere (tramite i vari dispositivi, zoom, ecc., ), o in assenza visiva (uso del telefono), si prevede anche qui una disposizione per le sedute seppur a distanza.

Lo psicoanalista invita il paziente affinché si accomodi in casa propria o altrove in una posizione comoda molto simile a quella che manteneva nello studio professionale.

Per esempio un sofà, un lettino o un divano si prestano a riprodurre la situazione della seduta di analisi.

Anche lo psicoanalista si assesta nella stessa posizione di ascolto di sempre.

Al telefono c’è lo psicoanalista: la seduta è cominciata.

Bisogna riconoscere che le classiche sedute in presenza possono evidenziare paradossalmente più difficoltà relazionali che per telefono o per video contatto.

Un tempo Freud le chiamava resistenze ma si accorse che esse fanno parte di un processo dinamico complesso e che è importante lavorare sul come e perché si manifestano.

Queste difficoltà quindi fanno parte integrante del processo analitico stesso e vanno ascoltate, osservate e gestite in quanto modalità specifiche di difesa e strategie che potrebbero sabotare il percorso stesso.

L’interazione tra paziente e analista durante la cura è particolarmente interessante e si avvale di tutti gli elementi che possono avere una natura diversa, ma che debbono essere intesi come veicoli di importanti messaggi. Tutti insieme possono essere utili ai fini del desiderato cambiamento strutturale e positivo del Sè.

Può accadere che alcune persone durante il tele-lavoro, per esempio al telefono con la seduta concordata al posto di una seduta in presenza, si sentano a proprio agio più che in presenza.

Come nello studio dello psicoanalista, il medico non compare alla vista del paziente, se non all’inizio e fine seduta, perché durante la seduta è situato dietro il paziente.

La stanza di casa dalla quale il paziente parla al telefono è isolata e silenziosa come lo studio psicoanalitico.

Il telefono è il mezzo che li unisce e la comunicazione avviene attraverso la voce.

Gli attuali smartphone sono molto sofisticati e con una buona cuffia è possibile udire la voce di entrambi persino in stereo.

La voce è uno strumento che be modulato dalle emozioni, può risultare affascinante e incantevole: alcune persone sembra che si raccontino con più libertà e meno inibizioni rispetto al setting di persona.

Si può sentire una voce delicata, dolce, intima, tanto che lo psicoanalista si sente come una buona mamma che ascolta, nel caso di una paziente donna, come se ascoltasse la sua piccola.

A lungo andare però tale apparente vantaggio può creare un’illusione, perché a contatto con il reale il gioco piacevole finisce.

Le inibizioni di fronte al contatto fisico ricompaiono e ci si accorge che il telefono ha assopito certe difficoltà che il corpo rinnova a contatto con l’altro.

Anche con lo smart-working ci sono artefatti.

L’immagine visiva che appare nel video del computer non è quella reale.

Bene non interrompere in psicoterapia le sedute in presenza usando per questo il telelavoro, ma non come metodo per sempre.

Non potrei escludere, né meravigliarmi, che in futuro però, in casi eccezionali, come malattie croniche, trasferimenti definitivi all’estero e ricerca di uno psicoterapeuta particolarmente specializzato, che la psicoterapia a distanza venga ancora usata.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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