Dopo la fine dell’isolamento codiv-19. Quale futuro?

Dopo la fine dell’isolamento codiv-19. Quale futuro?

Si suppone che impiegheremo molto tempo prima di ritornare ad una situazione economica del Paese che sia accettabile.

Nonostante il pessimismo, ho fiducia che l’Europa si metterà a funzionare unita e che con la consapevolezza di possibili nemici esterni, di varia natura e provenienza, sollevi gli animi europei per trovare una integrazione funzionale vera e propria.

Per un po’ di tempo dovremo osservare la distanza sociale e un’accurata igiene per convivere al meglio, sapendo della presenza del virus che vive invisibile in buona compagnia attorno a noi.

Questo aspetto certo continua a essere surreale, perché ognuno deve far medico a se stesso nel tenersi lontano dal contagio.

Ma sin da ora, dobbiamo considerare il futuro che ci minaccia e occuparci di alcune ormai note ragioni che ci rendono il futuro insicuro.

Altri virus o batteri potrebbero essere dietro l’angolo.

Le epidemie sono sempre minacciose, perché i microrganismi, di numero quasi infinito, anche per la loro potenziale replicazione, sono primi abitanti del globo, e non appena si rompe un equilibrio igienico tra clima, terre e mari irrompono su di noi le conseguenze.

L’olocausto nucleare non è per niente scongiurato.

La politica sembra per ora tenerlo a bada e differire le catastrofi.

Accade che le guerre siano in qualche modo sempre accese, seppur non mondiali.

Ma l’inquinamento del pianeta avanza sinistro su di noi, perché lo scioglimento dei ghiacciai, a causa dell’effetto serra, innalza la superficie degli oceani: gli tsunami appaiono sempre con più frequenza insieme agli uragani e cicloni che invadono con tempeste di acque e distruggono enormi territori.

Non possiamo intervenire troppo sui cataclismi naturali come terremoti, maremoti ed eruzioni vulcaniche.

E cosa pensare delle grandi catastrofi geologiche dovute allantropocene, cioè ai cambiamenti geologici ad opera dell’uomo?

Quante abitudini vitali per gli animali, laddove non ci sono ghiacci, alberi, erba?

Quanti altri organismi potrebbero inoltrarsi ed espandersi occupando questi stessi spazi?

Quante potenziali infezioni?

La natura, come sappiamo, tende a difendersi e a reagire per produrre vita e laddove essa può, e sparge esistenza anche di ciò che noi non gradiamo, perché è letale.

Curare il pianeta significa rispettare il più possibile la natura grazie anche all’ausilio fondamentale della scienza e di conseguenza della tecnologia.

Il sole malato, spesso annebbiato dai gas serra e annegato nell’anidrite carbonica, chiede, insieme al vento, di essere utilizzato come energia.

Penso che nel frattempo alla ricerca di soluzioni sempre più adatte, il modello della telemedicina sia sempre più indispensabile, non solo per con presenza di interventi multipli in varie aree del pianeta, ma anche per l’uso di strumenti eccezionali che permettono esami clinici approfonditi e precisi interventi chirurgici computerizzati.

Pensiamo all’automazione robotica tanto più comoda quanto multi-presente in numerosi e impervi luoghi  per salvare molte vite umane e sollevarle dal dolore.

Naturalmente la scienza medica deve continuamente progredire attraverso le ricerche e la specializzazione dei medici nei settori dove la telemedicina può agire.

Mai come ora c’è bisogno di igiene, della natura, e della scienza.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

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