La vergogna è un deterrente per le dipendenze nocive

La vergogna è un deterrente per le dipendenze nocive

Avere la sensazione di sprofondare, di non voler esistere o non essere lì in quel momento, è un disagio frequente quando ci vergogniamo in certe situazioni.

La vergogna è un’emozione complessa, non un sentimento che già a due anni compare nel bambino, come descrive lo scienziato W. M. Battacchi e M. Lewis. L’emozione, a differenza del sentimento più costante emeno acuto, è uno stato affettivo momentaneo che turba, più o meno fortemente l’equilibrio psichico rendendolo instabile. Se l’emozione di vergogna è sconvolgente, si può immaginare una forte o meno fragilità psichica e anche una psicopatologia del tipo, disturbo borderline.

Si tratta di un’emozione che s’identifica con un giudizio profondamente radicato interiormente nel proprio Sé.

Un’emozione che può minare la fiducia di base, la propria identità ma, se in maniera tenue, soltanto l’autostima.

Se una persona è sufficientemente sana, la vergogna può essere un forte deterrente per smettere di fumare, di mangiare troppo, di giocare d’azzardo, di assumere certe droghe, di usare lo smartphone in auto mentre si guida, di rincorrere una ragazza, quando lei non mostra di essere interessata, di raccontare bugie, di nascondere la propria incompetenza, ecc.

Si rinuncia cioè a compiere inutili trasgressioni per ottenere altrettanto inutili approvazioni, attenzioni, Vince l’amor proprio, la propria dignità per evitare di sentirsi indegni, cioè a non far parte degli altri appartenenti a un gruppo sociale che accetta i propri limiti proprio per poter migliorarsi.

Gli studi sulla vergogna di M.W.Battacchi rivelano che ne esistono di due tipi: vergogna da svelamento e da smascheramento.

Quando una persona si espone in varie circostanze, per esempio in una piccola o grande conferenza pubblica, può rischiare di essere giudicato per la sua scarsa performance e lo svelamento fa vergognare. Qualcuno vorrebbe far credere di Sé qualcosa di cui vantarsi e trionfare per questo, ma viene smascherato in base al proprio vissuto che forzava la propria identità in un senso migliorativo. Ci sono belle donne e anche uomini che si calano gli anni che dichiarano agli altri, ma un documento d’identità li tradisce facendole arrossire pubblicamente.

Per mia esperienza, ci sono persone che desiderano un percorso psicoterapeutico, ma se ne vergognano di fronte a se stessi, ma soprattutto davanti agli altri, e lo nascondono fortemente per antichi pregiudizi. Ci sono tanti esempi da vendere!

Se la disparità tra ciò che si vorrebbe onnipotentemente mostrare agli altri e la realtà di non essere o di viver inconsciamente la pretesa di trionfare con la propria immagine, si rivela tanto grande, può svilupparsi sintomi molto disagevoli: la fobia e il panico. C’è la fobia sociale che riguarda il pensiero e l’atto di mostrarsi in pubblico o in un gruppo di persone numeroso. L’agorafobia e claustrofobia che riguardano un bisogno d’indipendenza e da eccessiva padronanza falsificata agli altri che viene penalizzata per lo stesso atto esibente facendo comparire il sintomo del blocco a uscire di casa, (house bounded) . E’ come se il soggetto, inconsciamente fantasticasse di essere punito per la grandiosa e sfrontata voglia di mostrare il proprio preteso, esagerato coraggio e sicurezza nonché disinvoltura.

Sin da bambini, usiamo meccanismi di difesa psicologici molto arcaici e banali in base anche alla nostra educazione sociale e non solo familiare. Bianco e nero, buono o cattivo, (scissi, splitting). Le emozioni negative producono con il tempo, interlocutori interiori che ci giudicano e ci fanno sentire inadeguati e giudicati, tanto da provocare vergogna.

Resta il fatto benefico che persone che si vergognano normalmente per azioni o pensieri che loro stessi non condividono pienamente, riescono a smettere quel comportamento dannoso. Sentono e si danno fiducia di poter rinunciare perché prevale in loro la propria degnità sull’angoscia di diventare indegni, cioè di non essere accettati nei club dei normali dignitosi.

 

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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