Tripofobia, una fobia poco conosciuta

Tripofobia, una fobia poco conosciuta

Sapete che tra tante compulsioni fobiche esiste anche la paura dei buchi  o delle superfici bucate?

Geoff Cole e Arnold Wilkins lavorano al Centre for Brain Science dell’University of Essex.

I due ricercatori sono convinti che questo fenomeno sia basato sulla repulsione biologica.

Più che paura i buchi provocano disgusto e non paura,

In una rivista Psychological Science del 2013, Cole e Wilkins spiegano come questa reazione sia basata su una porzione primitiva del cervello che associa queste forme a pericolo e che comporta quindi reazioni inconsce.  Pensiamo alle spugne. Cosa c’è dentro?

Rank psicoanalista ai tempi di Freud scrisse un libro: Il trauma della nascita.

In questo libro, tutte le nevrosi risalirebbero a questo trauma, Anche piccoli animaletti quali i topo, le lucertole ecc, richiamerebbero alla mente di rientrare l’angoscia negata inconsciamente di una improvvisa rientranza nella vagina della madre come se fosse una potente calamita magica che identificandosi genere anche soffocamento, asfissia, entrare in una fogna.

Reazioni simili vengono scatenate in presenza di animali pericolosi come serpenti velenosi, insetti o ragni. Per questo motivo essi ipotizzarono una possibile base evoluzionistica, una forma di difesa dovuta a un possibile pericolo.

Cole e Wilkins hanno analizzato video e immagini di gruppi di buchi appositamente creati per far scaturire con alta probabilità i sintomi sopra citati.

Le immagini iniziali potevano essere frutti di vario genere come arance o melograne. Successive immagini creavano possibili associazioni a situazioni di pericolo come alveari, rane, insetti o aracnidi.

Infine le immagini ritraevano ferite e malattie. I due ricercatori arrivarono alla conclusione che queste immagini avevano una caratteristica unica che le contraddistingueva.

Cole e Wilkins costruirono un questionario che a detta loro avrebbe diagnosticato la Tripofobia.

Gli autori aggiunsero gruppi di buchi, ma altre gruppi di altri oggetti, ci sono sufficienti prove per suggerire che i buchi non siano i soli responsabili di una tale condizione.

Altre ricerche hanno supposto che le immagini potessero essere percepite come paragonabili a parassiti o malattie infettive, per esempio morbillo, varicella e lebbra si presentano sotto forma di piccoli bozzi e vesciche sulla pelle.

Pensiamo a le ventose dei  tentacoli dei polpi !

Wilkins e Le hanno anche considerato la possibilità che queste reazioni possano essere dovute alla geometria dei buchi e il suo effetto sul nostro cervello. Una richiesta così eccessiva può comportare disturbi visivi o mal di testa, aggiungendo che queste forme abbiano delle proprietà matematiche che non possono essere processate efficientemente dal nostro cervello e richiedono una maggiore ossigenazione.

Wilkins ha proposto la possibilità che questi disturbi avvengano dal momento in cui le persone evitano di guardare le immagini, visto che richiedono un maggiore sforzo cerebrale.

Inoltre essi aggiunsero che la muffa, come le malattie cutanee, chiaramente provoca disgusto in molte persone, indipendentemente se esse siano affette o meno da tripofobia.

Infine aggiunsero che stavano investigando sul perché alcune persone invece sperimentassero risposte emozionali più forte di altri.

I buchi comunque sono vissuti da alcune persone come trappole, viscide e pericolose. Si tratta di una geometria di un terreno sul quale camminare anche nell’immaginazione potrebbe significare uno sconvolgimento dei punti tradizionali che presuppongono un terreno liscio e pieno.

Nei buchi si nascondono pericolie l’irregolarità del piano mette in luce i sospetti che sono già nella mente di chi ne soffre e costituiscono una minaccia fantasmatica come se i buchi fossero pieni di vermi, di fughi infetti.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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