Sopportare il dolore fisico

Sopportare il dolore fisico

Negli ospedali italiani il dolore fisico causato da lesioni di vario genere, da infiammazioni in varie parti del corpo, da fratture, da emicranie e cefalee di vario tipo, è sempre stato scarsamente considerato.

Nel mondo, i medici italiani hanno l’autorizzazione ufficiale di intervenire con anestetici forti in pochi casi e così siamo tra i Paesi che fanno uso in modo molto scarso di oppioidi come la morfina e derivati, Accade per esempio solo quando il malato è devastato da un tumore maligno.

Il dolore, quando non viene trattato, può causare, sia dal punto di vista fisico che psicologico una serie di danni.

L’apparato cardiocircolatorio ne è molto penalizzato e così tutto l’organismo ne risente, sia fisicamente, sia mentalmente. L’angoscia che deriva dal dolore fisico può costituire un precedente mai sperimentato dal paziente e può innescare una sorta di trauma che condiziona il malato di fronte ad altre esperienze che sarebbero differenti e innocue, ma che vengono temute ugualmente e anche evitate.

L’imprinting dell’esperienza dolorosa permane come segnale d’allarme e scatta facilmente generando in alcuni casi, una ossessione e in persone sensibili psicologicamente, un tipico senso di persecuzione da temuto dolore.

E’ vero che le somministrazioni troppo frequenti di anestetici, anche per un piccolissimo intervento, sono dannose per l’organismo, e che alcuni farmaci antidolorifici da banco sono abusati. Altro si rivelano inoltre inefficaci, ma ugualmente tossici, e in molti casi sarebbe meno dannosa una somministrazione ad hoc, cioè mirata ad eliminare i dolori insopportabili.

Da un punto di vista storico, la medicina – anche perché naturalmente- la farmacologia non disponeva di farmaci mirati e specialistici i- non ci si preoccupava di trattare il dolore. Probabilmente l’ignoranza di tale sofferenza è stata influenzata anche dei principi dottrinali del culto del sacrificio e dei dettami della religione cattolica. Nei tempi passati si formava il medico in modo che non fosse sensibile di fronte al paziente sofferente anche di fronte ad algie forti: si pretendeva che il paziente tollerasse il dolore come sacrificio necessario, sottovalutandone le conseguenze.

Un tempo si supponeva che il dolore fosse solo dell’uomo che aveva l’anima, mentre si pensava che gli altri mammiferi non provassero dolore perché senza anima.

Oggi sappiamo per esempio che scientificamente cavalli, cani e gatti ecc invece, provano lo stesso dolore degli uomini, se non peggio perchè maggiormente penalizzati.

I mammiferi infatti, non sono a conoscenza, come gli umani, che un certo dolore si potrà assopire con il tempo ed esattamente dopo poche ore o più o meno, e quindi sono vittime della sopportazione fine a se stessa.

Da molti anni, in particolare la chirurgia ben consapevole del dolore che il paziente proverebbe se non venisse anestetizzato a dovere, in particolare quando è implicata la escissione di parti dell’apparato muscolo-scheletrico si adopera per ridurre al massimo la sofferenza del paziente.

Oggi l’algologia è sempre più raffinata e in continuo progresso e ci si augura che i pazienti e gli animali soffrano sempre meno per qualunque malattia e intervento di cura.

Dal mio punto di vista, anche se alcuni lettori saranno scandalizzati, trovo che in definitiva anche l’eutanasia serva tale scopo, come  libertà di scelta e dignità che é implicita nell’atto stesso.

 

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

Un commento

  1. Raffaella Buttazzi

    Trovo che le conseguenze connesse al sopportare un dolore fisico siano più impegnative quando anche psicologicamente, si ha meno esperienza d’altro: pe esempio quando accade di ammalarsi spesso durante l’infanzia, dovendo, poi, rinunciare a varie alternative piacevoli e favorenti la crescita.

    Probabilmente, mi interrogo su quanto, in questo caso, sia opportuno considerare quale possa divenire un imprintig sia psicologico che fisico da accogliere accanto ad una autentica elaborazione del dolore?

    Inoltre, sull’eutanasia, concordo completamente sulla libertà di scelta, anche se personalmente continuerei a pensare ad una alternativa, nel tempo: forse, legata agli sviluppi scientifici.

    Raffaella

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