Quanto cambiano gli uomini

Quanto cambiano gli uomini

Mentre le donne vanno verso la più completa autonomia e non soltanto verso l’indipendenza economica, quella di viaggiare anche sole, di vivere anche da single, di rinunciare a partorire figli oppure di averli comunque senza uomini, gli uomini sembrano in crisi, sperduti, disorientatti.

Molte donne tendano a mascolinizzarsi, ossia sembra che alcune di loro tendano a imitare l’aspetto virile, pratico, pragmatico dell’uomo, quello che potrebbe corrispondere anche a un personale modello di un padre forte, mai sentito in famiglia, oppure invece esistente, ma idealizzato, adorato, tanto da sentire il bisogno di evocarlo continuamente. L’imitazione e identificazione, l’identificazione introiettiva servono a rimanere costantemente aderente al modello paterno ideale.

La femminilità tuttavia è ancora un grande valore, anzi si è arricchita maggiormente.

Le battaglie delle donne incominciate dal 1966 a Berkeley e poi a Parigi nel 1969 e che hanno attecchito culturalmente e socialmente in Italia in quegli anni, e le donne non hanno smesso di evolversi.

Le Scuole Universitarie scientifiche sono molto gettonate e in futuro, penso che le professioni che oggi sono appannaggio degli uomini faranno riferimento alle donne che tra intelligenza e capacità umana creeranno un buon connubio professionale.

Si configura una donna che presumo nei prossimi anni sarà psicologicamente e socialmente più avanti dell’uomo.

Non tutte le donne sono evolute, mi riferisco cioè a quelle che imitano l’uomo, ma le altre spontaneamente, hanno potuto elaborare modelli propri e autonomi che includono la femminilità stessa, che sanno dare del tu, non nel linguaggio, ma soltanto come atteggiamento psicologico e relazionale, come espressione simbolica di informalità che deriva dalla effettiva padronanza e informalità e anche di adeguata confidenza che deriva dalla conoscenza delle dinamiche umane e quindi anche della psicologia maschile.

Penso che i giovani uomini, o anche meno giovani, si dividano in tre grandi categorie.

Coloro che hanno ben assorbito il reale femminile, i nuovi tempi, e che funzionano in modo relativamente sano. Questi uomini costituiscono la maggioranza della popolazione maschile e per fortuna sono provvisti anche di buon senso. Spesso sono diffidenti nel creare coppie stabili , a meno che non si siano uniti o sposati giovanissimi e quindi abbiano generato figli quei pochi che la società italiana vede in giro nel nostro territorio.

Coloro invece che hanno bisogno di mantenersi virili aderenti all’antico potere e che associano alla mascolinità un certo atteggiamento violento che appare supponente, vicino al sopruso, sino al vergognoso bullismo e addirittura solo nei casi assai estremi al femminicidio!

Perché?

Questi uomini in fondo sperimentano solitudine, anche abbastanza giovani, non possono immaginare che la donna non sia sempre in loro possesso. La violenza complessiva, dal punto di vista simbolico, ha assunto per questi uomini, il presupposto della loro identità al cui riferimento non possono rinunciare.

Gli estremi di questo mondo marginale, piuttosto degenerato portano la violenza negli stadi, risse di tipo pseudo politiche, velocità sconsiderata in moto-auto, gioco d’azzardo, compulsioni sessuali, uso di stupefacenti e alcol, atti delinquenziali e negazione delle regole sociali ecc. Naturalmente, questi particolari soggetti non raggiungono alcun aspetto e obiettivo di virilità, ma lasciano trasparire soltanto la loro estrema fragilità della personalità.

Con l’accenno allo smarrimento, debolezza e confusione mentale entriamo ancora nella descrizione della terza categoria.

Si tratta di uomini che giovanissimi e meno giovani che si sentono demoralizzati, spesso depressi perché non potendo essere machi, non sanno come debbono comportarsi con le donne e in genere nella vita. Sono gentili, femminei, sensibili, vivono per lo più in famiglia d’origine, non hanno un lavoro, né lo cercano, perché scoraggiati dal non trovarlo facilmente, non hanno tanta immaginazione, sono piuttosto passivi, e si aspettano che qualcosa di buono venga a loro per poi accusare gli altri di non vederli e apprezzarli come se una mamma buona dovesse accorgersi di loro.

Gli uomini sani, di buon senso, come dicevo, rimangono in gran quantità e sono costruttivi e creatici, affidabili. Forse hanno avuto la fortuna di vivere in famiglie sane, appartenenti a una certa cultura sociale e di aver ricevuto una buona educazione da sani educatori.

E’ inutile dire che penso che la scuola, un minimo di disciplina finalizzata a obiettivi precisi sia da rinforzare per offrire fiducia nel futuro.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

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