Perché spesso recarsi dal medico per controlli è un travaglio?

Perché spesso recarsi dal medico per controlli è un travaglio?

Con il passare degli anni la gente dovrebbe considerare che i controlli clinici dal medico di base o dallo specialista sono importanti per prevenire alcune malattie fatali o per mantenersi in buona salute.

L’opportunità che recita “prevenire è meglio che curare” spesso viene ignorata o osservata con grande ritardo!

La burocrazia, che è prevista per molti esami di controllo, scoraggia certamente l’impresa di programmare una visita o un esame, ma spesso altri elementi si frappongono alla realizzazione di un atto sanitario.

La dipendenza a causa di una salute cagionevole innervosisce molte persone. Si vorrebbe stare sempre in buona salute e la necessità di controllo ci ricorda che non siamo immortali.

Molte persone si sentono onnipotenti e immaginano che tenere il medico lontano dai pensieri salvi la vita e che cominciare a preoccuparsi significhi attrarre le malattie.

Qualcuno pensa: se cominci ad esaminare quale male ti potrebbe coinvolgere non ti libererai più del dottore.

Il tempo per la propria salute, in molti casi, lo si fa mancare! Non c’è mai lo spazio per arrendersi alle visite di routine: solo quando certi sintomi prevalgono nel disturbare l’andamento della vita quotidiana ci si decide di fare qualcosa.

All’Università di Bologna si discuteva la settimana scorsa sul potenziamento della medicina preventiva, specie quella che deriva da aspetti psicologici.

I pazienti psicologici spesso non hanno problemi psichiatrici, cioè non incorrono in problemi importanti e rilevanti. Soltanto la loro qualità di vita peggiora gradatamente attraverso sintomi come cefalee, gastriti, problemi intestinali, fibromalgie, spondiliti, mal di schiena, senza considerare il cattivo umore, l’insonnia, ecc..

Nei tempi molto passati, i medici che sono ancora di ormazione organicistica consideravano certi quadri clinici, sebbene assai disturbanti la salute del corpo e della mente, come irrilevanti perché lo psichico, o psichismo come lo chiamava Freud, era come un’ombra che imbrogliava le diagnosi organiche.

L’autonomia delle scienze Neuro-Psichiatriche e della Psicologia Clinica, dopo la legge 180 che liberalizzava il ricovero coatto delle persone che soffrivano di disturbi mentali gravi, ha cambiato i tipi di intervento sulla sofferenza psichica.

L’evoluzione dei medicamenti antidepressivi e dei metodi di cura come l’approccio psicoanalitico di quello sistemico e della terapia cognitiva comportamentale, hanno dimostrato grande utilità a vantaggio della qualità di vita dei pazienti e nel riuscire a risolvere disturbi psichici che causavano grandi sofferenze.

Un punto importante che riguarda qualche volta la psicoterapia psicoanalitica riguarda il metodo che, al contrario degli interventi organici, omeopatici e olistici, richiede una collaborazione attiva.

Il paziente dovrebbe fare un leggero sforzo mentre si racconta, attraverso i sogni ma anche nel descrivere le sensazioni che attivano pensieri negativi o sgradevoli, in modo da rivolgersi verso il medico durante la cura.

In altre parole, quello che potrebbe esser scambiato come un atto maleducato, di diffidenza del paziente verso la cura attuata dallo psicoterapeuta, come certi disagi del paziente nel venire di fatto alle varie sedute, può essere invece oggetto di grande interesse.

Il disagio del paziente, che lui stesso percepisce in certi casi, non va interpretato come nel metodo classico della medicina come l’equivalente di noia, sfiducia, pigrizia, svogliatezza della quale vergognarsi, oppure censurando accuse rivolte al medico di essere incapace di curare bene o nell’offrire beneficio immediato al paziente, ma questi sentimenti fanno parte proprio di materiale prezioso di fantasie inconsce che si animano durante la cura che vanno proprio analizzate.

Si tratta di un materiale che durante le sedute replica eventi passati che sono appunto da risolvere e rielaborare.

I sentimenti negativi in altre parole, non vanno omessi, ma immediatamente dichiarati senza timore di offendere chi si prende cura del paziente.

Questo metodo è un gioco complice che permette di digerire certe psicodinamiche che altrimenti non si rivelerebbero, né potrebbero essere metabolizzate e riviste sotto l’influenza di un’altra epoca psichica.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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