La vergogna

La vergogna

Si tratta di una emozione complessa, più strutturata rispetto alle altre, ed è correlata alla percezione che si ha di se stessi sin dalla nascita. Per questa ragione la vergogna è un’emozione più primitiva del senso di colpa, altra emozione importante che Freud per esempio fa risalire al conflitto edipico con il padre verso i tre anni di vita. La vergogna è autocentrata, direi narcisistica. Il senso di colpa ferisce il soggetto, ma fa riferimento all’altro (chi ti colpevolizza) ed è quindi etero-centrata, Battacchi (Vergogna e senso di Colpa 2002 R. Cortina).

Prima ancora del senso del pudore, l’infante può percepire un senso di pericolo, se si espone di fronte ad un estraneo in assenza della propria madre. Non solo ha paura che l’estraneo possa nuocere, ma anche possa non sentire la sua esistenza.

Immagino un metaforico teatro sul cui palcoscenico il vergognoso, in varie epoche psichiche, deve salire per vivere: dalla sua nascita in poi attraverso la fanciullezza, l’adolescenza sino all’età adulta si trova indegnamente di fronte a un pubblico più o meno numeroso, e/o a telecamere che lo riprendono.

Sempre metaforicamente cosa può succedergli?

O  il protagonista insicuro e vergognoso si blocca, o sviene, oppure si difende recitando la parte, si fa avanti ed emerge sempre con il timor di essere scoperto, se non recita bene. Indossa una maschera che però non gli sta bene… Da dove viene questa parte di Sè?

Questa maschera esprime uno tra i diversi interlocutori interiori che abitano il nostro Self e che derivano dalle esperienze emozionali del passato che si sono integrate e che corrispondono a tante voci, suoni, colori, sensazioni, immagini.

Infatti dietro ogni emozione, ci sono pensieri, immagini.

Vediamo spesso questi interlocutori nei nostri sogni, quando nel sonno il codice delle fantasie e del pensiero seguono un altro ordine che non è imprigionato dalla razionalità; infatti il codice onirico non segue la grammatica, la sintassi ed è dislocato fuori dal tempo e dallo spazio.

Questi interlocutori del mondo interno costituiscono il nostro vissuto delle cose fuori da noi e condizionano l’ego – io sono, io esisto, io voglio, ecc – protagonista del mio fare nel mondo.

Gli attori professionisti potrebbero essere potenziali persone vergognose che grazie alla loro capacità di interpretare i loro personaggi interiori con professionalità, costata spesso non poco training, riescono con sfrontatezza e vincere il senso di indegnità.

Perché?

Interpretare come attore una parte di un personaggio che è vivo nel Sé e che molto coincide con il personaggio indicato dal regista di una commedia o tragedia, significa indossare una maschera che ci fa sentire protetti e non visti nel nostro Sé.

L’attore può essere bravissimo grazie a questa maschera perché non teme più niente per se stesso come Sé.

Pensiamo al film di Gianni Amelio, Hammamet per chi lo ha già visto: il personaggio di Craxi lo ha interpretato il grandissimo attore Pierfrancesco Favino che, intervistato, ha dichiarato a chi lo lodava per la sua interpretazione e imitazione: io in verità non credo proprio di averlo imitato, ma penso di essere diventato lui per osmosi: identificazione introiettiva e poi proiettiva!

Gli attori una volta che sono diventati bravi professionisti, imparano a usare i loro personaggi interni con grande abilità e diventano se stessi armonizzando l’Io con le sue parti e conoscendosi ritrovano un proprio Sé autentico.

La vergogna se non si cura si presenta come un senso di sconcertante nudità di se stessi inerti e incapaci, in preda a tutti e tutto.

Quando la vergogna si manifesta come forte si può provare una ineluttabile percezione di sempre essere stati scoperti per aver commesso un atto che riguarda un grave illecito e per essere stati “sgamati” come non degni, non legittimi.

Degni di cosa?

Di non essere parte di una sorta di gruppo eletto, di comunità, di famiglia dove gli altri sono legittimi mentre il vergognoso non merita di entrarvi.

Di conseguenza egli vorrebbe diventare invisibile, seppellirsi sotto terra, sparendo per sempre dagli sguardi altrui.

In seguito, da persone adulte, la vergogna si manifesta in modi diversi.

Perché ci vergogniamo?

Ci vergogniamo per quello che si è, e che non ci piace essere, per quello che non si possiede, per i propri pensieri, per il proprio corpo, per la propria presunta ignoranza, scarsa raffinatezza, ecc..

C’è nel vergognoso un mondo degli dei che appartiene però solo agli altri mentre per lui c’è schifezza, bruttezza, indegnità.

Qualcosa non ha funzionato dalla nascita in poi e l’identità del vergognoso non è costruita in piena sicurezza per infinite ragioni anche costituzionali o di familiarità. Non ne ha colpa nessuno!

La vergogna è un’emozione che riguarda il passato, il presente e il futuro. In ogni caso, è un’emozione di forte intensità che determina dolore anche molto profondo.

Quando si prova questa emozione, il pensiero è quello di sentirsi in basso, profondamente ridicolizzati e diversi da come si vorrebbe essere.

Inoltre, la vergogna nei casi più gravi può provocare un crollo della propria persona e per questo diventa una vera e propria minaccia all’identità personale.

La persona che si vergogna si percepisce confusa, disorientata e dedita alla fuga da una situazione ormai diventata scomoda, dove ci sono persone giudicanti. Quindi, il disagio che ne consegue è molto intenso e crea anche un blocco nella comunicazione.

In situazioni di vergogna il primo comportamento attuabile è distogliere lo sguardo dall’altro, può poi capitare che il vergognoso potrebbe arrossire nel sentirsi scoperto: vorrebbe allora nascondersi poiché la tendenza è di voler diventare invisibile. Tutti questi atteggiamenti confermano di non essere riusciti a raggiungere determinati standard di prestazione perché in molti casi meno seri il vergognoso cerca di esser visto per cancellare la sua terribile vergogna, intesa come debolezza, per mezzo di azioni che offrano conferma di successo, proprio come l’attore che per primo combatte per vincere la timidezza, l’insicurezza.

Alcuni vergognosi, se non si isolano dal mondo, si arrabbiano contro l’oggetto considerato da loro persecutorio, ma che in realtà alberga in loro.

Infine sii possono distinguere molti tipi di vergogna:

  • La vergogna dell’essere, che è molto più profonda e dolorosa, riguarda l’essenza della persona, la sua identità.
  • La vergogna da svelamento o smascheramento, quando la persona si trova ad affrontare una situazione contro la sua volontà.
  • La vergogna morale che condivide spesso anche la colpa.
  • Meno grave è la vergogna del fare, cioè di azioni riprovevoli per cui la vergogna è meno invasiva e si limita a una presunta sgridata.
  • C’è la vergogna-imbarazzo per aver ricevuto alcune lodi da altri, perché sembrano al vergognoso scarsamente meritate o a causa di qualche senso di colpa.
  • Esiste la vergogna ricorsiva, quella connessa al circolo vizioso della vergogna stessa, quando ci si vergogna di vergognarsi.
  • La vergogna transitiva, quando per colpa del proprio comportamento si genera vergogna in un’altra persona.
  • Considererei anche la vergogna transpersonale, quando ci si vergogna della propria famiglia, istituzione, nazione, o nel gruppo nel quale ci si identifica.

La vergogna può essere contagiosa, quando ci si vergogna di fronte a qualcuno e all’improvviso.

La vergogna, però, non va confusa con il pudore che nasce dalla volontà di non volersi mostrare allo sguardo altrui. È una forma di protezione psicologica atta a difendere lo spazio peri-personale, verso il quale non necessariamente si provano sensi di inadeguatezza.

Chi ha pudore non sempre ha vergogna nel mostrarsi, ma semplicemente è una persona che non ama mostrarsi, esibirsi davanti ad altri.

La buona notizia consiste nel fatto che conoscer i propri interlocutori interni, come ci si è costituiti andando verso l’auto-coscienza di Sé, porta verso l’autenticità che è l’arma vincente per la stabilità di Sè.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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