Il virus dittatore

Il virus dittatore

Freud distingue la massa di gente spontanea, che è un’entità provvisoria, dalla massa di gente organizzata, quest’ultima é meno spontanea, come la Chiesa e l’Esercito che sono destinati però a durare nel tempo.

La massa spontanea è impulsiva, ingenua e anche pericolosa, perché dilaga, occupando lo spazio nel mondo, come il virus.

Tale massa va arginata e riportata al valore e al senso della vita.

L’individuo da solo non può fare grandi cose, ma se la massa lo sostiene può andare molto lontano.

L’individuo a sua volta può ampliare il potere della massa attraverso una sorta di contagio emotivo che riduce gradatamente la coscienza di tutti e la sostituisce con la suggestione, l’ideologia e in particolare cresce l’illusione.

Dominano le pulsioni, la passione per sorreggere l’illusione e abbattere l’istanza come un interlocutore che é il Super-Ego, inteso come interlocutore inconscio di coscienza, anche etico-morale e che aiuta l’Io a gestire le dilaganti e incontrollate pulsioni.

In questi casi, le persone singole sono trainate dalla massa anestetizzata, priva di senso critico, di equilibrio, autonomia, sorretta da un senso di banale onnipotenza.

In tali situazioni, nasce un Leader sorretto dalla gente che rinuncia individualmente, ignara in buona parte ai propri valori (ma non sempre), per sentirsi parte della massa, ormai senza coefficienti di distinzione individuale.

La massa premia e punisce in una venire di oscillazione dicotomica di bianco e di nero, in base a ciò che il loro leader, quello che li rappresenta, decide. Egli però prende le sue decisioni in base al suo Io Ideale e non ai diversi valori dell’ideale dell’Io della gente.

Penso che democrazia e popolo come massa, sin dai tempi di Platone, siano protagonisti di un rapporto fortemente dialettico.

Lo vediamo in questo periodo del virus, cioè come la gente sia critica nei confronti del governo del Paese, sulle normative, decreti legge, sulle eventuali incoerenze dei messaggi: non si vede che il comun denominatore è in realtà sempre lo stesso?

Evitare in tutti i modi  di favorire la velocità del contagio.

Dove se ne è andato il buon senso che dovrebbe esserci in un Paese civile, mediamente istruito?

Possibile che, nonostante le interviste compiute agli scienziati in Tv, la gente, nel frattempo d’incertezze, non si rappresenti a sufficienza un’idea abbastanza chiara sul come comportarsi in base alle dichiarazioni già espresse?

E’ ovvio che si tratti di un virus sconosciuto che si comporta diversamente dagli altri.

Si può ben capire che ridurre la velocità del contagio consenta una miglior cura dei contagiati, per una migliore guarigione degli infettati e che la distanza sociale appare fondamentale.

Non si conosce con precisione ancora o, per lo meno, non si sapeva quel sappiamo oggi e sapremo ancor meglio domani.

Qualcuno ha evocato, pur condannandola, la dittatura a proposito della Cina, la quale sarebbe riuscita a ordinare con pene da dittatura affinchè il popolo stesse a reclusione totale in casa.

Nella mia attuale conversazione sulla fenomenologia di massa, il dittatore equivarebbe al leader che si fa militarmente rispettare: noi, vogliamo proprio quel leader?

Mi domando se il nemico virus sia l’unico nemico?

A volte viene da considerare che ci sia una parte della massa che diffonde il virus.

Questa parte corrisponde a quella Freud chiama massa spontanea, che è un’entità provvisoria che dilaga irrefrenabile, infelice e inconsapevole in compagnia del virus.

Il virus non può viaggiare da solo: ha bisogno di corpi che lo trasportino per transitare in altri e replicarsi: quindi chi gli permette di viaggiare?

Sono le persone che distratte nella realtà, viaggiano incontrollati, quella parte di massa che dilaga in spazi che dovrebbero essere vuoti.

Sembra che ignorino quel che invece sanno e cioè che danneggiano, oltre che se stessi, gli altri che naturalmente possono contagiare altri con il virus che altro non aspetta.

Chi fa un piacere al nemico diventa nemico anche lui!

Certo capisco … la distrazione, la voglia di uscire, di tornare a casa dei genitori distanti, di lavorare per non perdere il lavoro… ma gli altri che stanno relegati a casa con l’unico scopo di tornar fuori molto presto per riprendere la vita, il più possibile normale, come dovrebbero comportarsi?

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

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