Se l’Italia avesse scelto di rinunciare al lockdown?

Se l’Italia avesse scelto di rinunciare al lockdown?

Sono convinto sul fatto che, non proprio all’inizio dell’invasione del virus Codiv_19, avremmo potuto come Paese tentare una vita sociale lavorativa e attiva senza blocchi e autocertificazioni, che avrebbe dovuto, come oggi che siamo oltre la metà di Maggio, essere accompagnata da scrupolosi protocolli sanitari indicati senza che siano prescritti.

Questo atteggiamento governativo, adottato comunque da molti altri Paesi, avrebbe salvato in buona parte l’economia dell’Italia.

La politica, che ha prevalso invece, ha dimostrato poca fiducia nella responsabilità della gente e ha preferito non rischiare nulla e chiudere agli arresti domiciliari l’intera comunità.

A mio parere, la democrazia italiana quella che ci sta governando, ha dimostrato di essere sempre troppo statalista e per questa stessa ragione che seguito il modello con apparente successo popolare.

La Cina è da sempre stata governata da dittature, ma anche altri Paesi dell’estremo Oriente sono statalistici.

Mi sento di appartenere a una cultura di democrazia liberale tipicamente nord europea che rispetta individualmente le differenze tra le persone e i diritti di libertà costituzionale: per questo se fossi governante, preferirei correre qualche rischio forse nell’essere deluso da parte di qualche persona disobbediente, piuttosto che governare in modo dirigistico.

Assistiti da un scrupoloso pool fatto di consiglieri medici, del quale possiamo vantarsi in Italia, potremmo solo comprendere ed elaborare i messaggi sanitari che ci vengono inviati. Potremmo seguire l’atteggiamento migliore da osservare per la nostra salute.

Preferirei vedere le persone scegliere in base ai suggerimenti sanitari e potermi occupare sotto la mia personale responsabilità di seguire l’atteggiamento migliore al fine di evitare di contagiare gli altri e me stesso: stai a casa, se ti senti più sicuro, oppure esci quando vuoi e lavora, ma fai estrema attenzione nell’interesse degli altri e nel tuo interesse nel tenere lontano il virus. Le regole sono semplici in realtà: è indispensabile mantenere la distanza sociale di almeno un metro e mezzo, meglio se possibile due metri, indossare la mascherina intelligente nei luoghi chiusi, lavare le mani con gel disinfettanti ogni volta che tocchi qualcosa che sia anche toccato da altri. Le superfici dove lavori debbono essere sanificate. Si tratta di interiorizzare per un po’ di tempo tali atteggiamenti, tanto che il comportamento diventi spontaneo.

Mi sembra necessario che gli italiani percepiscano di non essere diretti come se fossero infanti e possano percepire la libertà di amministrare la propria responsabilità in un spazio adulto e libero una volta ben informati su ciò che è meglio per la salute. I cittadini adulti possono percepire la sana paura del virus e, sulla base anche di questa, imparare a scegliere con il loro buon senso in base a ciò che hanno assimilato essere sano.

Sappiamo che se il Covid 19 non viene considerato a dovere, cioè sottovalutato, le conseguenze possono essere tanto disastrose quanto funeste. Il nemico invisibile non guarda in faccia nessuno e merita la massima attenzione e immaginazione da parte di chiunque nel mondo.

All’inizio di Marzo, specie in Lombardia, poi Veneto ed Emilia Romagna, il virus dilagava velocemente senza tregua: mieteva molti morti e sovraccaricava i pronto soccorsi e le cure intensive. Le mamme spaventate hanno sentito la responsabilità di non inviare i loro bambini a scuola. I presidi e le altre autorità hanno percepito il pericolo e i Governatori delle Regioni avrebbero di conseguenza deciso di chiudere senza l’ordinanza del Governo.

Convengo che sia stato necessario all’inizio dell’epidemia guadagnare tempo per orientarsi e comprendere come proteggersi dall’epidemia. E’ stato opportuno conoscere il come il nemico invisibile si stava insinuando, come stava contagiando, cioè come andava all’arrembaggio dei corpi che mano a mano incontrava. Sapevamo che i virus non sopravvivono da soli e che per sopravvivere hanno bisogno di emigrare tramite una proteina (cellula ospite) di attacco ai corpi umani, e trovare altri microrganismi come i batteri al fine di replicarsi all’interno.

Sembrava che il punto debole dell’organismo umano fossero i polmoni e che solo la polmonite interstiziale mettesse knocked out gli alveoli di entrambi i polmoni riducendo la respirazione, e quindi l’ossigeno, portando purtroppo rapidamente alcuni pazienti a non farcela.

Anche negli anni del dopoguerra del 1918/20, l’antigene era un virus che però si associava facilmente ai batteri di cui aveva bisogno per sopravvivere e replicarsi, cosicché le polmoniti di quegli anni erano sostanzialmente batteriche, non interstiziali: queste sarebbero state meno pericolose delle interstiziali, peccato però che non esistessero gli antibiotici, cosicché le morti furono illimitate.

Si è scoperto in un secondo tempo, studiando la patologia prodotta dal coronavirus, che anche i giovani possono morire a causa di possibili emboli che possono danneggiare gli organi del corpo: come cento anni fa con l’influenza del 1918-20, la risposta immunitaria di innumerevoli organismi sani e giovani sani aveva potuto diffondersi in modo incontrollato.

Perché morivano tanti giovani?

Secondo gli studi scientifici il sistema immunitario negli sportivi, e comunque persone più sane, produceva l’intervento dalle interluchine tipo 6. Queste citochine, potenti mediatori dei linfociti, producevano reazioni immunologiche parossistiche (la corrente delle citochine), che scattando insieme ai linfociti, pur mirando ad eliminare l’antigene sbagliavano la mira devastando gli endoteli di tessuti sani.

Ma anche oggi c’è il pericolo della corrente delle citochine, che appunto non colpivano sempre il bersaglio nemico (il virus), martoriando tessuti sani che erroneamente vengono scambiati dalle difese immunitarie scatenate come tessuti da proteggere, con la conseguenza che l’intervento di queste citochine potrebbe portare a gravi danni autoimmunitari e letali.

In questi due mesi e mezzo mi sono convinto sul fatto che i cittadini, messi di fronte a queste importanti informazioni sanitarie sempre e costantemente diffuse attraverso i media, avrebbero nella maggioranza seguito le istruzioni suggerite. Le Autorità sanitarie e lo stesso Governo, nell’indicarle, avrebbero favorito nei cittadini la crescita necessaria di responsabilità e di buon senso nell’agire.

Certo i comportamenti della comunità avrebbero dovuto essere sorvegliati ripetutamente come oggi avviene in fase 2, senza multe però: sia disattenzione, sia trasgressioni sono sempre possibili, ma il Governo deve aiutare dove c’è bisogno, non solo sancire con punizioni quando le trasgressioni non sono penali.

Mediamente la gente prende sul serio le informazioni che riguardano la salute, specie se sono sostenute dalla paura e sono drammatiche. Qualche adolescente irresponsabile e trasgressivo si trova sempre e comunque trasgredisce in tutte le situazioni, incapace di rendersi conto dei pericoli veri.

Penso addirittura che le comunità democratiche e liberali, proprio quando non prevale l’imposizione di un superiore che promulga ordinanze con severe sanzioni, si accorga della necessità di divenire attenti e responsabili. Si potenzia così il desiderio di voler agire per il proprio autentico interesse, che coincide con la propria salute. L’alternativa infatti sarebbe quella di penalizzare se stessi e gli altri.

Gli esperimenti eseguiti in tutto il mondo, con l’uso di simulate di fronte a possibili catastrofi di tutti i tipi, mostrano che la gente è portata, salvo disgraziate eccezioni, a prendersi grande paura e a proteggere se stessi e i propri cari.

Chi avrebbe esagerato nell’uscire di casa durante l’epoca del coronavirus / codiv-19, se non per grave necessità, sapendo che in altri Paesi il virus stava devastando a morte le popolazioni?

Penso che i cittadini nel caso, se non per tornare al lavoro o uscire per serissimi motivi, avrebbero spontaneamente seguito il consiglio.

Immagino che poca gente sarebbe tornata in fabbrica, in negozio o in ufficio e i datori di lavoro sarebbero venuti incontro ai lavoratori con intelligenza per poi trovare protocolli sicuri. Sarebbe una necessità a vantaggio di tutti per mantenere il territorio non infetto.

Penso che gli stessi imprenditori si sarebbero opportunamente organizzati per trovare soluzioni adatte a conciliare la salvaguardia della salute e del lavoro, anche questo sacro, per non perdere l’uno e per non morire di fame al tempo stesso!!!

Certo che le mascherine sarebbero state necessarie in tempo, e così, se ci fossero state e indossate da tutti, con la visione chiara del pericolo insieme alla mantenuta distanza sociale di almeno due metri, la continuità della vita non sarebbe stata bruscamente interrotta per tanto tempo.

Grande civiltà e coscienza sono a tutt’oggi necessarie!

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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