La libertà della donna

La libertà della donna

Difficile chiarire il mio pensiero sulla libertà della donna perché trovo che il femminismo abbia culturalmente ben osservato il mondo femminile e, avendo ormai raccontato tutto, non sia possibile aggiungere granché sulla libertà della donna.

Per diverso tempo però ho pensato che in Italia, un paese occidentale europeo, non ci fosse motivo che esistesse la questione femminile, perché non esistevano infibulazione, lapidazione come in certi Paesi non democratici, ad esempio come l’Africa o il medio Oriente, ma ero in errore.

Anche qui il femminismo applicato al mondo sociale ha avuto grandi meriti nell’individualizzare l’immagine storica della donna lungo i secoli sempre considerata come schiava dell’uomo, e più di recente remissiva, passiva.  Sollecitata a emanciparsi, si è corso il rischio che con la sua ribellione si trasformasse in donna troppo fallica e castrante per l’uomo.

Certo in Italia la donna non viene punita selvaggiamente come in altri Paesi se si ribella al maschilismo, ma qui penso che le pressioni femministiche sulla donna potrebbero ignorare il crearsi di una sua certa inibizione verso la rottura di certi tabù.

In che modo ?

Il primo punto della mia osservazione parte dal fatto che il femminismo con i suoi stimoli rivoluzionari da un lato ha cambiato fortunatamente la cultura, ma dall’altro ha anche creato una normativa sociale che alla donna può apparire una censura doverosa. Si tratta dell’obbligatorietà della parità di diritti, che suona nel corretto politicamente (politically correct).

Si tratta di una ideologia che il femminismo ha indirettamente creato e che può in alcune ragazze disturbare l’identità femminile. Certo dipende dalla origine culturali della famiglia di origine, ma per alcune giovani donne giocare alla parità è naturale, ma per altre mostrare di essere evolute è diventato un dovere. L’evoluzione non avviene solo per progresso cognitivo razionale, ma per elaborazione, sia cognitiva, sia emotiva.

Alcune giovani donne inseguono il modello della donna sicura e indipendente ed effettivamente si laureano brillantemente ancor più dei ragazzi loro coetanei.

Diplomate con lauree prestigiose, riescono, seppur con le difficoltà del momento, a ottenere una discreta indipendenza, il che non è poco, ma alcune ragazze sentono di aver eseguito ciò che era scritto nelle aspettative sociali e di avere obbedito alle leggi di una società progredita. Sentono però di non essere felici e di aver raggiunto meno della metà di quel che forse desideravano.

Spesso queste ragazze sono confuse e conflittuali. Non sanno orientarsi tra ciò che la tradizione familiare di origine ha trasmesso loro riguardo al matrimonio e ai figli, tra una vita indipendente e professionalmente interessante. Specialmente in Italia, non tutte le ragazze che sentono il desiderio di evolversi sono in grado di elaborare velocemente il passato millenario a livello interiore secondo le aspettative di altri illuminati, cioè di essere protagoniste di un fondamentale capovolgimento storico.

All’inizio del Novecento, a ben pensare, le donne erano ancora trattate quasi sempre come prostitute o ideali chimere del dolce stil novo appunto irraggiungibili. La mancanza di accesso all’istruzione delle famiglie provenienti dell’economia agricola ha indubbiamente penalizzato come sempre le donne di quella generazione.

La storia secolare che avvolge la donna non ha ancora permesso a tutte di liberarsi completamente del passato, e salvo alcune eccezioni un certo dualismo si ripropone oggi alle ragazze sotto forma di due atteggiamenti contrapposti.

Vivere la propria vita autonomamente, ma non per sentirsi sola.

Come favorire la metabolizzazione di una condizione nuova che non spaventa la donna e la porta verso la luce della libertà?

Un secondo punto della mia osservazione parte dal fatto che non ci sia alcun dubbio che la cultura femminista abbia avuto il merito di aver rivelato diritti della donna e anche di avere problematizzato certi aspetti maschilistici dell’uomo. Questi ultimi aspetti rappresentano l’obiettivo fondamentale da risolvere completamente.

Una donna evoluta non può trovarsi in una società di uomini parzialmente involuti.

Il punto da combattere rimane ancora la cultura di certi uomini cosi detti machisti.

Questa denominazione funge da copertura di una certa personalità maschile fragile che giustifica seppur ingenuamente, un atteggiamento forte che si appropria delle virtù dell’antico guerriero, tutto di un pezzo, imperturbabile, fatto di coraggio, di sola e decisa azione, ecc..

Consideriamo che una donna sufficientemente libera, non condizionabile come in passato, ossia non finta, cosciente di sé, abbastanza autonoma e sicura, non cerca uomini fragili, narcisisti e rifiuta quelli che si aggrappano ancora allo sport, storicamente preferito dai maschietti, e la caccia sessuale.

Questa donna non sopporta neanche l’omofobia, il sessismo, il classismo e il razzismo e aspira a un tipo di incontro di coppia che favorisca una relazione di reciproca crescita.

Alla dignità della donna dovrebbe corrispondere un comportamento dignitoso dell’uomo.

Come è possibile che l’uomo sia ancora illuso dalla prostituzione? Il sesso è sempre considerato un consumo che si ottiene pagando?

Come è possibile che alcuni uomini usino il loro potere sociale, in ufficio e ovunque per ottenere sesso?

Come è possibile che la sessualità di alcuni uomini si basi sulla violenza dello stupro?

Pensiamo al revenge porn, cioè mettere in circolo in internet il video porno per vendicarsi della ragazza con la quale si hanno avuto rapporti sessuali.

La mia denuncia non vuole essere tanto una condanna morale rivolta all’uomo, quanto una critica e in difesa della sua dignità. Perché questi uomini possono fare tanto male senza accorgersi di non ricevere alcun affetto, e sono poi più soli che mai?

Penso che la battaglia contro il maschilismo dell’uomo, quello malato di ostinata possessività e di violenza sulle donne, debba cominciare dall’educazione dei più giovani. Sin dalle scuole medie occorre osservare i ragazzi all’interno della loro cultura maschile e come intendano l’idea di possesso. La scuola di frequenza mista, non dovrebbe occuparsi solo di insegnare il tradizionale materiale previsto dai programmi, ma oltre l’educazione civica, occorre completare l’ascolto sul modo di pensare verificando quanto si è assorbito sui sentimenti e sull’amore.

Viviamo in un mondo dove l’analfabetismo sentimentale e affettivo è imperante a causa della mentalità consumistica dilagante.

L’essere padre-padrone, il nonnismo, il nepotismo, il mobbing, il vandalismo cittadino e ogni tipo di bullismo sono anche radici comuni della criminalità. Queste, prima o poi, potrebbero manifestarsi in modo grave. Psichiatri, Psicoterapeuti e professionisti della salute potranno aiutare a elaborare certe pensieri e fantasie inadeguate ai livelli attuali di civiltà umana.

Per la donna, soprattutto quando coinvolta sentimentalmente, è difficile immaginare che il partner possa ricorrere a una vendetta omicida, nel caso lei decidesse di lasciarlo.

Qualche volta accade che la compagna avverte che nella coppia c’è qualcosa che in modo grave non funziona, si convince con sofferenza di troncare il rapporto, pensando ingenuamente e con sincerità che quello sia il modo migliore per sé e per eventuali figli.

Per la maggior parte delle donne la parità dei diritti è considerata normale, perché sarebbe normale per la mente femminile.

La giovane donna oggi non ha conosciuto da vicino la storia del femminismo, le lotte per l’indipendenza ma può percepirne le tracce.

Ma alcuni uomini sono talmente strutturati verso fantasie infantili di possesso, da sentirsi derubati quando sentono di non avere più il controllo dell’oggetto d’affetto e quando la loro proprietà viene meno. Si sentono disperati e umiliati, quanto incapaci di vivere senza quel tipo di potere che è da loro considerato unicamente supportivo della loro identità e quindi vitale. Alcuni uomini hanno completamente ignorato le trasformazioni culturali degli anni 60 e, anzi, lo considerano un fatto sociale formale che provoca infantile e sadico disprezzo, quasi un tradimento della natura verso di loro.

L’educazione va dunque spostata sin dai banchi di scuola dalla donna all’uomo.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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