Non é più latente una sorta di suicidio planetario

Non é più latente una sorta di suicidio planetario

Il suicidio è sempre stato un atto tipico umano e appartiene da sempre alla nostra storia.

Ricordo, quel che ci racconta Platone, a proposito del nobile Socrate il quale per difendere la propria verità, l’onestà e la libertà, assunse il veleno estratto dalla cicuta, veleno delle erbe apiacee, ponendo fine alla propria vita, ma dimostrando di mantenere di fronte a tutti i suoi discepoli e altri ancora, la coerenza delle sue idee.

Il suicidio è attuato da sempre nel mondo per svariate ragioni, alcune delle quali potrebbero avere comprensibili motivi.

Gravi malattie irreversibili riguardo alla guarigione, tanto dolorose quanto invalidanti, possono costituire una delle ragioni di tale drammatico atto, presentando al malato un futuro condannato a una vita insopportabile.

Sono d’accordo quindi sul progetto eutanasia: se sopprimiamo gli animali domestici tramite il consiglio del veterinario quando sono gravemente ammalati, al fine di non farli soffrire inutilmente e non vederli in quelle pietose condizioni.

Perché non dovremmo aver pietà di noi stessi?

La vita e il vivere dignitosamente va preservato a tutti i costi, non la sofferenza!

In un Paese civile che riconosce la sofferenza senza speranza delle persone, quando esse stesse non desiderano sopportare la loro totale impotenza, è assurdo costringere le stesse a vivere il profondo dolore fisico non controllabile, nonostante i farmaci, e in sofferenza psichica senza una possibile uscita!

Naturalmente i cattolici e altre persone non la pensano in tal modo e vanno ovviamente rispettati nelle loro scelte sostenute da valori nei quali credono, valori che sono indiscutibili.

Molte persone sono depresse, hanno perduto parenti o persone care e non si rassegnano a vivere da sole.

Queste stesse persone avvolte dal dolore e solitudine, non riescono a sentire di poter essere aiutate, quando succede che in molti casi  la società non si accorga abbastanza di loro, della sofferenza dell’uno e dell’altro, ormai ridotti in brutte condizioni psicologiche, scelgono comprensibilmente di porre fine a una vita ormai  senza senso.

Loro stessi non vogliono essere aiutati da alcuno, incluso lo psicoterapeuta che snobbano, rifiutandolo totalmente.

Per molta gente il senso della vita scompare dalla loro visione e si sentono abbandonati da tutti.

Per quanto certe persone facciano una scelta  affrettata, non possiamo sapere cosa provino,

Anche se penso che la vita andrebbe protetta sino a che diventa possibile, salvo indicibili sofferenze, penso che la libertà dignitosa di scelta di rinunciare ad essa vada rispettata in tutti.

Nei Paesi del nord Europa per la maggior parte della gente la libertà di scelta del fine-vita non rappresenta uno scandalo e per questo viene eseguita la rinuncia che il malto invoca.

La concezione filosofica che sta dietro a tante scelte drammatiche in questi Paesi, non risente del problema rispetto della fine vita, al contrario di come è avvertita nel Sud dell’Occidente.

Ciò nonostante, il mio pensiero porta a questi ultimi anni, durante i quali tutti noi ci sentiamo fortemente turbati nostro malgrado di fronte a terribili atti criminali di terroristi, ma anche di altre persone che commettono massacri di massa con personale suicidio finale.

Considerando tanti episod drammaticii, mi viene in mente l supposizione secondo la quale alcun di questi omicidi di massa prima di tutto, desiderino essi stessi  la propria morte.

Il mondo divenuto cosmopolita, ha prodotto molte situazioni disumanizzanti e svalorizzanti i riferimenti umani. Si è creata una specie di Torre di Babele come nella metafora del Vecchio Testamento, dove i vari popoli si trovano costretti a risiedere in tale torre, non potendo linguisticamente comunicare perché condannati da Dio a non capirsi più.

Nel nostro caso, la metafora sulla globalizzazione consiste in un intreccio socio-culturale che ha costretto parzialmente i popoli ad assomigliarsi da un punto di vista economico.

I Paesi hanno parzialmente forse migliorato il benessere, welfare, ma reso difficile dal punto di vista psicologico la qualità di vita, prodotto una effrazione culturale, morale, valoriale .

I giovani sono spesso disorientati perché il cambiamento richiede tempo e spazio, invece tutto è avvenuto troppo in fretta, costringendo l’un Paese a divorare l’altro confinante, non rispettando i tempi di assimilazione psicologica e sociale dell’uno rispetto all’altro.

Alcune persone con tendenza suicide, povere o ricche, religiose o atee, hanno deciso di farla finita con la loro vita per noia, infelicità, depressione, solitudine e povertà.

La promessa di valori in paradiso o simili promesse di benessere hanno offerto loro un senso, uno scopo. In alcune persone la tendenza suicidaria ha slatentizzato la follia che diventa spesso dilagante.

Che bello morire per una causa! Ne approfitto e così l’euforia di agire in tal modo mi toglie la paura di scomparire da questo mondo in quel momento di azione.

Ma perché sacrificarsi senza una soddisfazione? – penseranno i futuri martiri.

Uccidere tanta gente potrebbe avere un senso, uno scopo alla propria morte!

Ecco che l’atto di immolarsi, che ha accompagnato gli integralisti islamici, protetti dalla noradrenalina, dopamina e adrenalina, da droghe come cocaina, può coprire ogni paura di morte e dare a questa un senso liberatorio, catartico.

Uccidere più persone, tutte quelle che si possono uccidere, e dopo trionfare e infine uccidere se stessi come autori e protagonisti deliranti di una missione di morte, può diventare un gioco possibile.

L’euforia nasconde la paura, ma esalta lo scopo della missione e rende protagonisti autorizzati a entrare nel delirio dell’immortalità.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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