Vivere insieme in un solo spazio ai tempi del Covid-19

Vivere insieme in un solo spazio ai tempi del Covid-19

E’ illusorio e molto romantico immaginare che l’amore passionale sostenga la coppia dopo anni di vita assieme in uno spazio ristretto per molti giorni di convivenza.

A meno che non succeda come nel film del 1986 Nove settimane e mezzo con Mickey Rourke (agente di borsa di Wall Street) e Kim Basinger (gallerista).

Quell’incontro si manteneva per quel tempo in forza della passione di un primo incontro.

Mi riferisco ovviamente a persone che invece convivono normalmente da tempo.

La maggior parte delle persone lavora molte ore al giorno, sino ad arrivare alla pensione; il che implica non stare sempre a casa.

Vivere insieme tutto il giorno è una nuova esperienza per la maggior parte della gente.

Chi riesce a vivere bene questa nuova esperienza?

Le coppie e gli ospiti che spesso sono genitori anziani con qualche bisogno, spesso serio, di essere seguiti dai più giovani e che insieme abbiano costituito una piccola comunità: tale gruppetto di familiari ha come programma interiorizzato l’aiuto reciproco.

In altre parole, si è verificato un investimento assistenziale, basato sull’amore, sull’affetto, sulla riconoscenza e sulla gratitudine.

Spesso l’impostazione cattolica favorisce le convinzioni che ispirano la coppia e i legami familiari. In tal caso le relazioni sono controllate e le conflittualità sono trattenute e moderate.

Un tale comportamento costa un certo sforzo ai conviventi, ma viene compensato dalla coscienza di seguire un modello saggio e costruttivo secondo ispirazioni morali e cristiane.

Ma questa impostazione funziona veramente come si spera?

Purtroppo non sempre, anche se apparentemente certe famiglie allargate resistono nella forma, senza spaccarsi o commettere delitti.

Rimane che molte persone non tenute assieme da principi morali interiorizzati o ispirati idealmente, lamentano di esplodere a contatto troppo ravvicinato.

Le persone  hanno bisogno di mantenere una distanza di sicurezza tra loro che si chiama distanza cuscinetto.

Durante le fasi di amore di una coppia, ma anche tra parenti, s’interrompe le distanza per avvicinarsi e scambiarsi rituali amorosi sino ad avere rapporti sessuali, laddove sono desiderati.

La zona cuscinetto corrisponde alla distanza tra il Sé corporeo e gli altri e si costruisce per il bisogno bio-psicologico di differenziarsi dall’altro, cioè di esistere come separato e unico.

Già nel piccolo bambino, secondo Mardi J. Horowitz, psicoanalista californiano negli anni 70, aveva studiato la distanza necessaria per evitare nevrosi e non impedire la costituzione dell’identità del Self, sia nel bambino che in seguito nell’adulto.

Nello schema corporeo durante lo sviluppo infantile si crea, sin dell’inizio della vita sino a 12 anni, la zona cuscinetto che si stabilizza poi su distanze simili, se non uguali, a quella dei genitori tra il bambino e se stessi.

E’ abbastanza certo che la zona cuscinetto aiuti la differenziazione tra Self e Non-Self.

Tale distinzione permette al bambino in un lungo processo di evoluzione di arrivare inizialmente alla propria indipendenza, e poi all’autonomia interiore di Sè.

Ovviamente interferiscono nella distanza cuscinetto fattori culturali.

Nel Sud di diversi Paesi del mediterraneo, come il Sud Italia, il Sud della Spagna, della Francia, ma anche delle Americhe latine, nell’India e nei Paesi del Medio Oriente è probabile che la distanza che si acquisisce nella persone sia inferiore a quella del Nord e degli altri Paesi.

Sappiamo che la vivibilità della gente richiede uno spazio territoriale abbastanza umano.

In questi giorni a causa del virus, si aggrava la situazione nelle carceri in tutto il mondo, già in alcuni Paesi grave per moltitudine in spazi ristretti.

Insomma, se l’alloggio è ristretto, per esempio monolocale, immaginiamo come vengono esacerbate le relazioni tra anche due persone: se è un bilocale la situazione migliora e così via. Chi ha potuto comprare una casa con giardino e piscina, anche se abita con sei o più persone, può viver per parecchio tempo con molti confort assai meglio di chi per una settimana deve vivere con un’altra persona, anche se intercorre con questa un buon rapporto.

Naturalmente il fattore contingente permette prefigurazioni di diverso tipo dato il diverso carattere, le difficoltà psicologiche personali, di ogni individuo.

Tuttavia è bene tener conto che i medici che, fra l’altro scarseggiano insieme agli infermieri e al personale sanitario, sono in prima linea contro il male e spesso si ammalano e muoiono anche loro.

Persone sole che hanno paura ci convincono che è opportuno comprendere la situazione complessiva e accettare di essere attivi con lo spirito e fare del proprio meglio, quando come ora non ci sono alternative disponibili.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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