Recentemente, il Papa ha rilevato come alcune persone che vivono accanto a noi, nella nostra vita quotidiana, o anche incontrate nei vari contesti sociali, siano da una parte di noi scarsamente e umanamente considerate: le stesse persone possono mostrano un enorme interesse e carica emotiva, un atteggiamento ricco di ottimi sentimenti, per non dire di profondo bisogno d’affetto per gli animali domestici.
Bisogna dire che esistono gente che osteggia quasi tutti gli animali e assumono addirittura un comportamento fobico e si difendono, come se fossero allergici, ma non lo sono. Però sono capaci di abbandonare d’estate cani e gatti per liberarsi dell’impegno di provvedere a loro in un periodo durante il quale desiderano andare in vacanza senza troppe seccature.
Come é possibile non essersi identificati un minimo con cani , gatti e altri che mostrano un attaccamento a noi a volte disarmante ?
L’indifferenza verso alcuni animali viene associato al concetto disumano di bestia che sfocia in un bisogno selettivo preconcetto che fa loro pensare al senso di sporco, di sessualità animalesca, che risveglia qualcosa che in loro può attaccare malattie da germi, insomma tutto ciò che implica contatto fisico con l’estraneo. In altre parole,non significa che queste persone offrano disponibilità verso gli essere umani, ossia che siano migliori che mostrino il loro impegno umano e altruistico né che prevalgano atteggiamenti di disponibilità verso l’altro anche non animale. Dimmi chi non frequenti e ti dirò chi sei!
Ci sono persone invece che amano senza controllo gli animali, quasi si fondono psicologicamente con loro.
Dice in tal caso il papa: … quante volte vediamo gente tanto attaccata ai gatti ai cani che poi lascia sola e affamata la vicina. No, per favore no!. Francesco, nell’udienza giubilare in piazza San Pietro, rimprovera l’indifferenza e la superficialità verso i poveri e le persone disagiate. E per farlo, paragona l’attaccamento evidente che spesso si manifesta nei confronti degli animali alla poca attenzione verso le persone meno fortunate.
In passato il papa aveva messo in guardia le coppie sposate dal rischio di avere un atteggiamento dove l’amore è rivolto agli animali e per egoismo molto meno ai figli, nati o non ancora procreati. La pietà – dice Francesco – non è il pietismo piuttosto diffuso che ha a che fare con emozioni superficiali, quasi più esibite che sentite.
In varie interviste che ho svolto su tale argomento, cioè d’interazioni tra umani e tra animali, ho trovato risposte da giovani, ma in particolare da meno giovani, che enfatizzano l’ingenuità, la purezza di comportamenti di certi cani e gatti, un sentire dolcezza, tenerezza che questi piccoli animali evocano.
Alcune di queste persone che si rivelano tanto affettuose verso in nostri animali domestici, esprimono con chiarezza di aver adottato queste bestiole, dimostrando di averle sostituito nell’immaginario spesso come se fossero figli, magari quelli che non hanno potuto avere, o che hanno scelto di non procreare.
Gli animali domestici spesso vengono adulto-morfizzati, nel senso che i proprietari si considerano veri genitori e trattano le bestiole tanto tenere, quanto affettuose, come se fossero figli ideali obbedienti, mai deludenti, che sono in realtà ammaestrabili secondo i propri bisogni inconsci o consci.
In altre parole, le proprie frustrazioni sono compensate al massimo di fronte alla fedeltà indiscutibile delle piccole creature. In tal modo, in verità non rispettano nemmeno gli animali che ben sono interagenti con l’uomo, ma come animali richiederebbero, se potessero, di essere riconosciuti per quel ch sono in natura. Gli animali domestici, seppur vivendo nelle case insieme ai proprietari, avrebbero bisogno di aderire ad atteggiamenti non umanizzati, ma invece animaleschi nel senso positivo del termine, cioè connessi con la loro originaria natura biologica.
Personalmente amo gli animali, in particolare tutti i mammiferi, ma mi propongo nella mia interazione con loro di interpretare il più possibile i loro bisogni , anche se sono sicuro di sbagliare spesso, non essendo, né etologo, né veterinario, ma solo basandomi sulla sensazione momentanee.
In altre parole, grandi progressi sono stati fatti nei confronti del trattamento degli animali, grazie agli animalisti e alle Organizzazioni mondiali in loro difesa, per esempio contro la vivisezione, contro lo schiavismo di alcuni circhi equestri, di certi ambienti ristretti e inadeguati, che la Onorevole Brambilla ci segnala con successo.
Dobbiamo però renderci conto del nostro potenziale abuso umano degli animali nel senso di usare e riversare il nostro affetto verso di loro e non verso i nostri simili.
Perché ?
Gli animali domestici sono più docili, più remissivi, più obbedienti e a livello comportamentale, addestrabili.
Noi ci sentiamo potenti, quasi onnipotenti, se otteniamo tutto quel che vogliamo da loro.
Ci sentiamo buoni e giustificati e non pensiamo quanto potremmo fare con il trattare gli esseri umani che certamente sono più difficili da aiutare.
Ci sentiamo più liberi di affidarci a esprimere le nostre emozioni senza vergognarci, temere di essere puniti, giudicati, condannati. Ci sentiamo persino compresi dagli animali con i quali diventiamo complici.
Gli animali ci possono salvare proteggere, portare fortuna farci venire il buon umore, non farci sentire soli, abbassare la pressione arteriosa e ch dite della Pet Thrapy ?
Tutto questo per dire che l’impegno umanitario, altruistico, verso le persone e i nostri simili è più difficile e complesso che amare gli animali che appagano tanto i nostri bisogni urgenti di affetto-
Dedicarsi all’aiuto delle persone è più faticoso, l’identificazione con la sofferenza dell’altro è costosa perché oltre al comprendere dinamiche di sofferenza psichica che richiede saper ascoltare con grande attenzione e sensibilità ci coinvolge troppo da vicino e perciò per molta gente è impossibile tollerare con interesse e con tale pazienza i bisogni di un essere che funziona così diversamente da noi.
Piangere per un cane che soffre o per un gatto che muore può essere assai doloroso, ma anche catartico e liberatorio?
Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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Porterei l’esempio di una mia cugina di secondo grado, che nei primi anni di matrimonio aveva, in accordo col marito, comprato un cane cui tenevano entrambi moltssimo e, non ruiscendo al momento ad avere figli, lo avevano “umanizzato” molto.
Alla nascita, qualche anno dopo, del primo figlio, il cane veniva sistematicamente accompagnato presso la casa dei nonni materni, dove restava per lunghi periodi, perchè i neo-genitori si occupassero del neonato e potessero lavorare: mi chiedo se, a volte, questa “prepotente” umanizzazione degli animali domestici non esprima il bisogno dei proprietari di sentirsi ancora un poco come bimbi accuditi ?
Un bisogno che un figlio sembra porre in gioco con accenti completamente diversi soprattutto nella sua crescita verso l’autonomia?
Raffaella