Spazio, tempo durante il  Covid_19

Spazio, tempo durante il Covid_19

Insieme al pensiero, dell’isolamento, del tatto / contatto, la staticità e la dinamicità, del telelavoro, e il cibo-sonno sono le coordinate del vivere sociale all’epoca del virus.

Perché in molte persone c’è uno sconvolgimento mentale, come un senso di irrealtà, in questa epoca del virus?

Siamo abituati a muoverci fuori casa, e nello spazio in generale, seppur nelle città condizionate dal traffico dei vari veicoli. Lo spazio esterno è normalmente inglobato nelle nostre coordinate mentali nel  cervello.

Lo spazio è percepito sia come esterno sia come interno ma, pensando allo spazio interiorizzato, potremmo sentirlo simbolicamente come se fosse un palcoscenico teatrale, come se fossimo su un palco su cui noi ci muoviamo e recitiamo il nostro psicodramma della vita quotidiana.

Noi agiamo in base a ciò che sentiamo e viviamo, ma anche a come ci vediamo dall’esterno. All’interno invece gli interlocutori ci parlano. Chi sono?

Gli interlocutori assomigliano a personaggi che equivalgono agli stessi nostri toni emotivi che assolvono o condannano il nostro Ego, il protagonista del vivere.

Derivano infatti dai nostri arcaici, ai più recenti, incontri emozionali, la cui colorazione soggettiva si è costituisce sin dalla nascita per via delle esperienze.

Le esperienze attuali che si verificano sul palcoscenico della vita, cioè all’interno dello spazio, inviano segnali ai nostri sensi, informazioni, stimoli che, nel cervello, provocano reazioni chimiche in tutto il corpo.

Queste si legano e s’esprimono attraverso i neuro trasmettitori che condizionano il nostro umore, il nostro sentire perché funzionano come le voci che sostengono o avviliscono l’Ego: per esempio la serotonina, la dopamina, la vortioxetina, le endorfine, ossitocina e la vasopressina favoriscono il piacere, mentre il cortisolo, l’acetlcolina e le catecolamine, attraverso i nocicettori, assecondano la sensazione di spiacevolezza.

Ora, da un punto di vista psicologico, spazio e vuoto sono sensazioni complementari, nel senso che lo spazio può essere pieno, di persone che camminano, o vuoto, in questo caso per esempio vuoto di gente e deserto.

Si potrebbe costatare che per diverse settimane, all’epoca del virus, lo spazio del mondo sia quasi vuoto all’esterno, ma eccessivamente pieno all’interno delle case, quindi del dentro e dell’interno.

Pieno perché dentro le case con poco spazio si potrebbe soffocare,m su un piano psicologico, vivere cioè una senso di clustrofobia. Uscendo dalle abitazioni e entrando nelle strade con tutti i negozi chiusi, ci sembra di vivere in una mondo surreale.

Qualcuno, i precursori della fase 2, molto sensibile, ha in questi giorni sviluppato un senso di paura di uscire e percepisce una sensazione di agorafobia (paura dello spazio aperto).

Insomma lo spazio è una coordinata fondamentale della mente senza la quale non ci sentiremmo esistenti.

Cosa dire della coordinata tempo?

Vivere presuppone il senso del tempo. Molti filosofi, per esempio E. Kant che si riferisce al tempo invece dello spazio, appartiene alla sensibilità interiore dell’anima umana, ed è pertanto qualcosa di più importante dello stesso spazio.

Se fossimo piccoli, come un microbo, vedremmo gli oggetti spaziali infiniti e indeterminati.

Più che un concetto universale il tempo rappresenta una forma dell’intuizione sensibile per cui potremmo percepirlo anche come un l’insieme della coscienza, l’unità sintetica della coscienza.

Si tratta di noi stessi e del nostro processo interno… le cose che noi percepiamo sono relative al tempo che scorre e che ha a che fare con la nostra coscienza.

Il tempo spazializzato, pensa il filosofo H. Bergson, sta solo nelle ore del nostro orologio, ma non esiste più, se non si calcola il tempo per gli appuntamenti convenzionali connessi ai rapporti commerciali e di varia natura sociale.

Il tempo che vale sta invece nelle nostra coscienza, nello scorrere delle nostre sensazioni, fantasie, pensieri.

Se lo spazio è un’esperienza, come ogni esperienza, questa può essere piacevole o spiacevole.

In generale, quando abbiamo a che fare con spazi vuoti siamo più rilassati.

Il vuoto pensato e astratto non è il vuoto delle sensazioni.

Una grande prateria in montagna è percepita diversamente da come si percepisce una città vuota. Nella città vuota sentiamo che il contatto è mancante e si percepisce ciò che manca e non c’è, non si percepisce ciò che c’è.

Nelle nostre città, in questo momento ci sono tanti spazi vuoti nei quartieri, ma gli edifici sono pieni di persone.

Il pieno si coglie come l’ingombro, e non soltanto di molte persone. Horror pleni, scrive nel 2008 Gillo Dorfles, in contrapposizione dell’Horror vacui di cui parlava Aristotele dopo aver dimostrato che ogni luogo esiste in relazione ai corpi che vi sono contenuti.

Il concetto di vuoto non è necessario per spiegare il movimento. Inoltre, postularne l’esistenza significherebbe trasformarlo in luogo.

Il telelavoro richiama nella nostra coscienza l’isolamento e l’astrazione, la staticità, quindi né vuoto, né pieno.

Nel nostro cervello i due lobi della neocorteccia corticale più recente funzionano come due veri e propri sistemi di pensiero complementari, ma anche antagonisti.

L’emisfero sinistro è la sede del pensiero razionale. L’emisfero destro invece ragiona attraverso rapporti e relazioni concrete, ma anche di matematica astratta e coglie la situazione nella sua globalità, ma è capace di confrontare gli elementi attraverso successioni matematiche, logiche e temporali di causa/effetto e,  sulla base di queste, trova una soluzione coerente e forma un giudizio sugli oggetti.

L’emisfero destro non procede per passaggi consequenziali, ma per intuizioni e raggiunge le proprie soluzioni in momenti illuminanti di improvvisa sensazioni e comprensione delle cose.

Chiusi in casa per quasi due mesi, pur potendo, tendiamo a utilizzare l’emisfero destro che concepisce interiormente lo spazio, in termini di pieno e di vuoto. Possiamo facilmente solo pensare, riflettere, immaginare, contemplare scene del passato.

Chi vive in tre persone è costretto, a in un appartamento di 40 metri o meno, a rappresentarsi in modo alternativo il pieno e vuoto continuamente. Per esempio questa sedia può stare al posto di quel sacco della spesa, o quella valigia sotto al letto, ecc..

Quando saremo finalmente fuori da casa vedremo il mondo fatto di strade, di rumori, di gente, utilizzando in particolare l’emisfero destro perché infatti è considerato un emisfero spaziale perché si percepiscono le relazioni tra il pieno e il vuoto in senso geometrico e pieno, oggettivo, misurabile, uno spazio mentale che è come un organismo unitario.

L’emisfero sinistro, invece, coglie dello spazio direttamente e solo gli elementi pieni che si possono contare in modo matematico mentre gli elementi vuoti sono insignificanti, uguali a nulla.

In poche parole, l’emisfero destro intuisce il significato di quello che sentiamo, abbiamo colto in maniera introspettiva mentre viviamo, e l’emisfero sinistro ci permette di spiegarcelo logicamente.

In questo periodo surreale del coranavirus, dovremmo essere portati ad usare prevalentemente l’emisfero destro e quindi può capitare di rilassarci e di sentire, di riflettere, di rievocare con la nostra memoria il nostro passato con recupero di momenti lieti o anche tristi.

Siamo portati a usare l’Emisfero sinistro e a riservarlo in particolare, quando ritorniamo liberamente all’esterno al concreto delle cose.

Se lo spazio è rilassante, oltre a sentirci meglio, abbiamo anche maggiori possibilità di trovare soluzioni nuove e creative a problemi che ci assillano, di apprendere più facilmente e di contenere il nostro stress nonostante l’attività che stiamo svolgendo ce ne procuri.

La tecnologia che i computer, smartphone, tabloidi, richiede la capacità dell’emisfero sinistro.

Per questa ragione alcune tra le persone anziane rifiutano le novità del mondo e faticano a mutare abitudini o giudizi. La lor mente si appoggia all’emisfero destro pieno di ricordi e emozioni.

Penso che la cultura occidentale, sia da tempo orientata allo sviluppo consumistico quindi, all’uso delle funzioni mentali prevalentemente razionali del lobo sinistro.

Ciò non esclude che le scienze mediche che le arti umanistiche continuino a offrire un grosso tributo insieme a quelle ingnenieristiche.

In particolare, grazie anche all’impegno squisito del genere femminile che alcuni studi scientifici, già descritti nel blog, dimostrano, in medicina oltre che nelle varie arti, le donne sanno far funzionare nelle loro attività i due emisferi, destro e sinistro, in contemporanea.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

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