Psicologia della lingua parlata e la sua musicalità

Psicologia della lingua parlata e la sua musicalità

Tutti sappiamo che ogni lingua parlata, specialmente in Italia, si accompagna ad una specifica dizione di pronuncia e anche a una peculiare intonazione che contraddistingue le differenti regioni; specialmente l’intonazione caratterizza non solo i principali idiomi, ma si distingue anche nei piccoli paesi di una stessa regione.

A me sembra che le intonazioni con le quali si pronunciano certe frasi nelle varie zone del Paese Italia riflettano un’aria musicale che a sua volta descrive il carattere psicologico degli abitanti e la sua storia.

Se poi volessimo essere rigorosi, prendendo in considerazione la pronuncia delle parole e il dialetto troveremmo tante differenze di pronuncia e intonazione anche tra paesino e paesino.

Non mi riferisco in questo caso strettamente ai dialetti che interessantissimi per la loro incredibile varietà e ricchezza espressiva, contribuiscono ad una certa parlata melodica. Mi interessa in particolare come il tono fonetico e l’aria con cui le frasi, specie quelle più locali e domestiche, siano pronunciate spontaneamente e offrano a chi ascolta una certa cadenza musicale.

Anche gli accenti contribuiscono insieme ai dialetti nel caratterizzare la fonetica e quindi la musicalità del parlato.

Chi appartiene ad una certa cultura regionale non riesce, anche se volesse, a nascondere le matrici della pronuncia, né a sottrarsi al tono musicale, a quella specie di ritmo oscillatorio che viene percepito come una cantilena; questa ultima in particolare si evidenzia negli interrogativi, quando cioè si rivolge una domanda a qualcuno.

Si sa che la lingua materna, cioè la madrelingua, di una persona è assimilata primariamente in modo così naturale tanto che un’ottima istruzione, sia scolastica sia universitaria, non potrebbe modificare le inflessioni già profondamente acquisite.

Mi è capitato più volte di cercare una mia certa amica al telefono e di riconoscerla come la stesa persona che rispondeva al telefono, mentre si trattava della figlia che parlava esattamente come la madre, tanto da non poterla minimamente distinguere.

Ci sono persone che non nascondono il loro modo di parlare, anzi sono orgogliosi di usare anche il dialetto locale per affermare la propria origine, per esempio di un certo piccolo paese di una certa regione. Grazie a queste persone in Italia si contano ancora 31 lingue parlate con molti più dialetti che dipendono dai vari raggruppamenti sociali e anche dall’isolamento di certi piccoli villaggi. Molti italiani parlano bene la lingua ufficiale, ma nelle città e nei paesi in cui vivono ancora usano solo il dialetto.

Ogni idioma ha la sua origine e ogni dialetto la sua storia: come si sa, tali peculiarità fanno dell’Italia un Paese ricco di storia anche per la lingua scritta e parlata. Dal latino a Dante, gli idiomi si sono evoluti e da soli ci raccontano il passato sino ad oggi.

Ci sono molte persone di tutte le regioni che invece non amano far riconoscere la loro provenienza dal modo in cui parlano e fanno di tutto per cancellare le originali flessioni della loro pronuncia, di certe vocali, delle accentuazioni nelle varie frasi.

Prima dell’avvento della televisione e dei grandi mezzi di comunicazione, intonazioni, lingue e dialetti contraddistinguevano in modo colorato tutto il nostro Paese con stili musicali assai interessanti.

Perché alcuni si vergognano della propria cadenza di pronuncia e di fonazione? Perché la lingua madre denuncia la propria origine.

Nella nostra storia la penisola italica era frammentata, diseguale e povera.

Il  linguaggio parlato può denunciare il luogo e lo stato sociale a cui la gente sente di appartenere e dal quale molte persone si sono negli anni allontanate. Alcuni giovani, per esempio vorrebbero scrollarsi da dosso un accento che pesantemente ne identifica la provenienza, come se fosse una carta d’identità che fa la spia di un passato ancestrale che viene vissuto come inglorioso.

Mi viene in mente che oggigiorno i veicoli che circolano nel nostro Paese non riportano più nella targa di riconoscimento la regione di provenienza. Tale informazione per varie ragioni viene occultata.

Certo non sono i toscani a nascondersi perché non si vergognano di parlare la lingua del sommo poeta Dante, ma al contrario, nonostante l’antica povertà, ne sono orgogliosi!

Nemmeno i laziali e campani denunciano tanto imbarazzo nell’esprimersi nella lingua madre.

La musicalità delle varie lingue del Sud Italia suonano tanto belle e poetiche, quanto possono essere percepite come fossero provocatorie, come se esprimessero un lamento oppure una protesta.

I motivi sono noti a tutti: si tratta di tante ingiustizie che non hanno mai smesso di penalizzare gli abitanti di alcune regioni. Alcuni tra i governi dominatori della storia non sono stati sempre generosi verso le comunità e sebbene oggi gli abitanti individualmente, ormai completamente evoluti a livello economico e professionale, magari più che al Nord, mostrano le loro doti e i loro ingegni in tutto il mondo. Eppure nascondere l’accento seppur per poca gente è ancora necessario.

In tutte le regioni d’Italia c’è qualcuno tra la gente che non è orgoglioso della propria lingua e si sente smascherato cosicché avverte un certo disagio nell’essere troppo legato all’accento materno e paterno della propria terra tanto da vergognarsi. C’è persino chi decide di andare a scuola di dizione per poter parlare in pubblico senza mostrare la propria targa naturale.

Mi sembra, con le dovute differenze, che l’Emilia e Romagna, Friuli, Veneto e Trentino esprimano un linguaggio calmo, cadenzato, ovviamente in modo diversificato che esprime una logica di pensiero su qualcosa di cui si può proprio da sempre contare. Anche la Liguria con Genova e il Veneto con Venezia esprimono con orgoglioso compiacimento, la  fierezza di ex repubbliche marinare.

La Lombardia con la parlata schietta mostra una cadenza linguistica corta e indica la fretta che contraddistingue la popolazione nel costruire e programmare le varie attività.

Il Piemonte si avvicina alla Lombardia, ma le inflessioni della lingua sono auliche, dotte e in certi casi un po’ francesi.

Inutile dire che tutte le lingue italiane con vari accenti, intonazioni e musicalità sono per noi e per chi le erediterà nel futuro assai preziose e possibilmente da conservare per sempre.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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