Buongiorno Professore le scrivo per rivolgerle una domanda che mi pongo da mesi. Dopo questo lungo periodo di pandemia, finalmente possiamo uscire e socializzare come prima Pensavo che durante questo tempo una buona parte delle persone, stando a casa, avesse colto l’occasione per riflettere e avesse fatto un lavoro di introspezione, di conoscenza del proprio Io. Invece costato in genere che i giovani, ma anche le persone attempate, mi appaiono più insicuri e insoddisfatti di prima. Come è possibile tutto questo ? Oppure sono io che mi sbaglio?
Bologna 27 Maggio 2022
Gentile Signora,
temo che lei si sbagli di poco e in generale condivido le sue osservazioni.
Dalla pandemia non ancora finita siamo entrati di colpo in una guerra per niente all’acqua di rosa, della quale non ne sentivamo parlare da almeno 80 anni.
I punti di riferimento interiori di giovani ed anziani sono stati messi a dura prova.
Da quanto mi risulta alcune persone, avvolte da un clima di misteriosa prigionia durante gli anni del lockdown, hanno sperimentato un clima surreale e sembra siano sprofondate in uno stato di incertezza accompagnato da tanti interrogativi. Persone non sicuramente abituate a vivere in un tempo dilatato che non offriva alcuna idea di decretare la fine del sequestro alla vita normale, si sono sentite circondate da tanti scienziati da tanti pensatori e dai loro libri le cui ipotesi erano in contraddizione tra loro.
Non sempre queste persone sono venute a capo del mistero che aveva colpito la loro esistenza e non sempre si sono sentite meglio o meno confuse. I più giovani ne hanno risentito di più e la loro confusione li ha mediamente penalizzati come ho scritto nei miei recenti articoli su questo blog.
Alcune persone hanno capito di aver bisogno di una mano e si sono rivolte a me, come a tanti miei colleghi, per essere aiutati a gestire un’infinità di incertezze e di sintomi. L’approccio introspettivo, insito nella terapia psicoanalitica, permette di ritrovare in se stessi i propri riferimenti psichici che risentono anche di situazioni pregresse e che si sono aggravate per via dei vari cambiamenti sociali e che da almeno 20 anni stanno gravando sulla testa di molti di noi.
Altre persone invece hanno preferito far finta di nulla… perché non si sono rivolte a chi potrebbe aiutarli?
La figura dello psicoterapeuta e psicoanalista per molta gente risuona ancora con molte inibizioni e resistenze. Si preferisce per queste persone immaginare di soffrire di disturbi fisici anziché psichici per i primi sono evidenti e sembra si possano controllare, mentre quelli psichici rappresentano un mistero, cosicché spaventano perché vanno a braccetto con la follia incontrollata. Poiché nessuno vorrebbe identificarsi con un po’ di follia, si fugge dallo psicoterapeuta.
In realtà la follia riguarda più un discorso di grande patologia e meno di disturbi di identità.
Inoltre coloro che sono disposti a coinvolgersi in una psicoterapia vorrebbero immediate soluzioni, consigli diretti sul come comportarsi e temono di essere coinvolti in qualche lavoro che implicherebbe un coinvolgimento attivo, una sorta di lontana responsabilità di diventare protagonista nella propria vita. Non si accorgono che ricercare consigli diretti significa rinunciare a comprendere in profondità il senso delle cose e la propria posizione rispetto alla cose del mondo ed aumentare la passività e la dipendenza da qualcuno che viene idealizzato e da cui è difficile in seguito separarsi.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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