Dopo la seconda guerra mondiale negli anni 50 e 60 l’Italia, più che altre Nazioni ha attraversato un grande periodo di rinascita e di ricostruzione e insieme a questo sviluppo, il cosi detto boom economico, ha generato ottimismo sociale, crescita della finanza e un senso di risarcimento per le ferite materiali e psicologiche causate dalla passata guerra.
Più denaro circolava in vari investimenti, per esempio nelle proprietà immobiliari, nelle tecnologie e poi nei viaggi all’estero, maggiormente si attivava la voglia di spendere denaro per aumentare il senso del benessere in dispetto al passato. Nasceva progressivamente il consumismo che avrebbe portato alla svalorizzazione di certi beni di intrinseco valore e a una sorta di illusione di una società del benessere basata su un meccanismo economico. Questa novità di sistema prevedeva molto consumo di tutte le materie per aumentare le industrie e laa loro produzione e quindi la ricchezza. Invece di risparmiare come gli Italiani avevano sempre fatto, ora bisogna spendere e spendere comprare poi buttare, così si ottimizzano la scarsità delle risorse, (miglioramento economico) , la propria ricchezza cresce (crescita finanziaria sotto tutti i punti di vista).
Cadono però i valori delle cose materiali che diventano oggetti strumentali prodotti a catena per il consumo rapido, l’energia non basta più per seguire tali velocissimi processi e bisogna trovarne della nuova. Il gòobo nel frattempo si inquina e la natura ne risente a causa della pollution.
Ma ciò che oltre a questo ci interessa è come la società si trasforma al servizio di una graduale distruzione dei principi valoriali del conservatorismo.
Chi non è inserito nel processo del consumismo e nella finanza tende a essere lasciato indietro sino ad impoverirsi, chi vi è dentro si arricchisce sempre più, ma perde il senso umanistico dei valori.
L’educazione dei figli nelle famiglie non di successo, non inserite nel processo finanza è in crisi: per vivere non c’è più tempo da parte dei padri e delle madri di stare vicini ai figli come un tempo. Non c’è più tempo di indicare loro come intraprendere una professione o un mestiere artigianale; di insegnare e trasmettere la propria esperienza, perché essa non è più un valore nemmeno un orgoglio, una passione, ma soltanto un impegno legato a catene e a ritmi fatto di turni spesso frustranti e passivizzanti mentre non si conosce il senso nel fine che faccia sentire di essere protagonisti del processo di vivere..
I padri e le madri spesso non avendo il tempo, né più lo spirito di trasmettere ai figli ciò in cui credono perché spesso è svanito nelle loro menti usano la strategia affettiva non sempre veritiera che consiste nell’essere diventati amici o amiconi dei figli. I padri imparano dai figli tutta la tecnologia elettronica e con loro imparano a giocare perché non sanno offrire altro.
In tal modo scompaiono i modelli per i figli a cui aderire, per poi anche differenziarsi da quelli. I figli si accorgono di non avere alcun padre, ma solo degli ipotetici e presunti amici in età troppo avanzata per poter essere ispirati in qualcosa da loro e fra l’altro sentono queste figure quasi più fragili di loro stessi.
I figli sentono di vagare nel buio o o in uno spazio astronomico dove non ci sono più riferimenti a portata di mano perché le stelle sono lontano anni luce.
La Scuola dovrebbe a livello secondario formare gli scolari in modo importante infondendo uno spiriito di creatività e passione per ciò che andranno a fare in società con il futuro la voro e attività. Gli insegnanti oltre le materie che insegnano e che richiede certo una buona preparazione da parte loro dovrebbero essere empatici.
Dovrebbero cioè saper mettersi nei panni dei ragazzi e comprendere la loro soggettività dei vissuti delle loro difficoltà e paure. Dovrebbero offrire modelli di comportamento virtuosi non con la solita morale del dovere, ma per attrazione e fascino.
Il senso del dovere implica i loro genitori che parlano dentro al mondo interno dei ragazzi e che in modo affettivo hanno saputo trasmettere certi tali principi collegati con il principio del piacere e con il principio di realtà. I bambini piccoli sono per i primi anni di vita a contatto con la figura materna e vivono sotto il principio del piacere che permette di appagare i loro bisogni primari, incluso il bisogno di giocare e di inventare rappresentazioni sognanti.
Ma progressivamente la figura paterna si inserisce nella scena familiare e introduce il principio reale e morale di realtà. Non è detto che sia sempre il padre a funzionare in tal modo per il piccolo anche la figura materna può essere in primo piano oggi giorno spesso invertendo in ruoli.
Gli insegnanti dovrebbero attrarre per empatia e comprendere eperampliare le potenzialità creative dei loro scolari.
Questo purtroppo non avviene più tanto nella scuole italiane.
Gli insegnati dovrebbero sottoporsi ad una formazione psicologica a loro volta prima di essere abilitati ad insegnare.
Rischiamo di veder crescere in prevalenza ragazzi disorientati, demoralizzati, compulsivi e alla ricerca di un sostegno. Questo spesso coincide con la ricerca di stupefacenti e di gruppi trasgressivi rivolti ad atti delinquenziali che rievocano il pincipio del piacere dal quale non si sono mai staccati. La seconda parte della loro vita quella che riguarda il padre, non è mai maturata Infatti alcune baby-gang dichiara apertamente di vivere rubando perché è bello avere tanti soldi e comprarsi quello che altri hanno e di cui loro non possono godere.
Educare oggi purtroppo, mentre si spera che famiglia e Scuola migliori in questa attuale società dei consumi e della Finanza, significa comportarsi come usa fare uno scultore, Da una massa di legno informe toglier opportunamente via con gli attrezzi giusti quel che permetterà di dare forma e che non serve per improntare una fisionomia al corpo di cui si sta occupando.
Roberto PaniSpecialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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