Amare e Odiare gli animali

Amare e Odiare gli animali

Amare gli animali, in particolare i mammiferi, può significare avere acquisito la capacità di identificarsi in loro rispettando la loro natura, i loro istinti biologici, cioè le trame preformate del loro comportamento.

Tale capacità potrebbe essere una sentire propizio anche verso gli essere umani e sarebbe molto apprezzabile.

Molte persone apprezzano gli animali perché sono in genere obbedienti, così come lo sono i cani che adorano il loro padrone come si adora un idolo: le bestiole oltre alla assicurata compagnia, lo servono per la caccia, per la pesca, per scovare i tartufi, per guidare i ciechi, per le slitte da neve e per fare da guardia nelle case. Non è detto che queste persone pur apprezzandole, esprimano autentici sentimenti di amore in questo caso verso i cani: spesso quando questi animali sono vecchi e malandati e non servono più, li abbandonano per strada.

Se non ci si identifica tramite il loro comportamento nella psicologia degli specifici animali, non si può dire di amarli veramente.

Penso sia più difficile e complesso amare gli animali non mammiferi, ad eccezione degli ovipari come gli uccelli, proprio perché l’identificazione può essere troppo complessa, ad esempio come nel caso rettili e degli insetti. Se non possiamo amare tutti gli animali possiamo rispettare sempre la loro vita.

Leonardo da Vinci per esempio amava e rispettava tutti gli esseri viventi con i quali si identificava fortemente e anche cercava di imitarli come nel caso del volo degli uccelli. Verrà un  giorno in cui l’uccisione di un animale verrà considerata al pari dell’uccisione di un uomo. Il grande artista preferiva non cibarsi mai di loro: era infatti vegetariano.

D’altra parte anche amare gli animali non significa disponibilità ad amare facilmente gli esseri umani.

Gli esseri umani sono meno naturali e spontanei degli animali, anzi molto difesi e usano meccanismi assai diversi e sofisticati per difendersi; possono essere invidiosi, competitivi, gratificanti o frustranti, ecc..

Difficile contattare emotivamente l’essere umano nella sua autenticità, considerando che lui stesso, il più delle volte, non conosce nemmeno quali siano le sue stesse parti autentiche.

E’ facile essere in contatto con i mammiferi perché ci ricordano la versione naturale, molto semplificata, di noi stessi. In alcuni casi noi vorremmo con la fantasia e identificazione proiettiva e introiettiva ritornare alla loro originaria semplicità.

L’animale infatti può rinviarci l’immagine che abbiamo di noi stessi. In particolare, gli animali domestici possono restituirci il senso di libertà della quale vorremmo godere: l’indipendenza che per esempio ci mostra il gatto, può essere molto apprezzata, oppure anche essere rifiutata perché ci disturba, considerando il caso in cui noi non riusciamo ad essere come lo stesso micio ci dimostra di essere indipendente .

Sembra dunque strano ma ci sono persone che invidiano gli animali e perciò sperimentano antipatia per le loro naturali e spontanee attitudini nel comportamento.

Il gatto per esempio, desidera contatto fisico e si avvicina a noi per essere coccolato o semplicemente si pone da noi a distanza ravvicinata. Dopo un po’ di tempo, all’improvviso fugge via e si nasconde in un anfratto della casa sparendo dalla vista. Può rimanere per molto tempo e ricomparire all’improvviso perché mostra di aver fame. Questa spontaneità di comportamento può far invidia a chi vorrebbe gestire la propria eccessiva dipendenza cioé simbiosi ad un partner più autonomo eec. Per questo, alcune lcune persone penalizzano le proprie bestiole domestiche,  ottenendo  aggressività di ritorno. Cani e gatti abbattono oggetti nella casa, graffiano tessuti come tende, divani e sporcano.

Bisogna aggiungere che nemmeno abbracciare e trattenendo quasi coercizzare al proprio corpo i nostri domestici animali simulando di coccolarli, non è un atto  di amore come potrebbe sembrare .

Non si tratta di amore perché non c’è rispetto verso la libertà dell’animale, ma soltanto bisogno urgente di placare la propria fame di affetto, o meglio di un vuoto sperimentato come incolmabile. Sono in verità invece atti somiglianti ad attacchi al frigo che viene svuotato equivalenti ad attacchi di fame come da bulimia nervosa (binge-eating) ossia binge-suffocating hug.

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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