Un paziente in psicoterapia psicoanalitica che svolge la professione di attore in teatro a Bologna mi racconta delle sue timidezze e insicurezze che si manifestano in certe situazioni salottiere: di fronte a conoscenti, ma anche amici che si aspetterebbero da lui un comportamento disinvolto, anche per via della sua professione, egli soggiace a atteggiamenti evitanti di fronte agli altri.
Il paziente balbetta improvvisamente, cosicché appare strano a tutti coloro che lo frequentano pensando ad un attore abituato a recitare sui palchi teatrali di fronte a molti spettatori tali, si comporti in modo così insicuro. Durante il percorso psicoanalitico emerge materiale psicodinamico che può spiegare cosa accade ed è quanto segue.
Sul palcoscenico l’attore entra in una zona-gioco nella quale il Self di chi recita oscura una parte della propria autenticità per farne apparire un’altra, un’altra voce di Sé, un interlocutore psichico tra tanti altri che si sono costituiti e inglobati a livello inconscio proprio quello che si attaglia al personaggio che sta interpretando e con il quale si identifica. Quindi nemmeno si può dire che l’attore diventi altro da Sé, ma piuttosto che egli utilizzi sul palco solo una parte della sua personalità recitando quel personaggio che interpreta.
In questo spazio transizionale l’attore evoca un personaggio che nel passato, forse durante i giochi infantili, si è costruito interiormente e che si è assimilato al suo Self, magari un personaggio storico … ecc, e così l’attore può permettersi di rischiare dando voce a quella parte di Sé, proprio lasciando emergere dal suo mondo interno inconscio quel personaggio che vive latente e che si addice, o meglio, coincide con il personaggio che l’attore deve interpretare in teatro.
Noi infatti custodiamo nel nostro mondo interiore, ossia nel nostro vissuto inconscio molti personaggi o vissuti di prototopi di personalità che ci parlano dentro senza che ce ne accorgiamo influenzando il nostro Ego (Io sono )il direttore, cervello, protagonista del sentire, fare e agire con il loro punto di vista delle cose.
Tali voci si sono costituite durante le primissime esperienze primarie e ne hanno formato l’involucro essenziale di base. In altre parole, queste voci, questi interlocutori derivano da modelli genitoriali, parentali di insegnanti ecc, che ci parlano dentro costituiscono il nostro vissuto delle cose, del mondo e influenzano i nostri punti di, vista influenzano le nostre emozioni, le nostre scelte perché condizionano l’Ego Se il nostro paziente Pz porta dentro di Sè la propria storia antica vissuta tra incertezze e instabilità, quando non recita come professionista in teatro, nella sua vita sociale non si sente protetto dalla maschera del personaggio che interpreta e con cui s’identifica liberamente seguendo un certo copione teatrale.
Trovandosi il Pz, per esempio a una festa con amici e conoscenti uniti tutti insieme, ma anche con presenza di estranei, poiché l’attenzione di molti può cadere su di lui. Tutti conoscono la sua professione di attore e questo desta curiosità e aspettative da parte dei partecipanti alla festa.
Ma lo sguardo di tutti e le loro aspettative invece di essere gratificanti possono ferire il fragile lato narcisistico del Self
L’aspettativa può generare nel Pz ansia e timore di deludere, di non essere all’altezza di quel che gli altri si aspettano da lui.
Il Pz si sente nudo senza la protezione del costrutto recitativo che interpreta in teatro, che funge da maschera, che fa da scudo e genera anche un senso di libertà e di euforica creatività. Non sono io che mi espongo, ma è lui che io posso interpretare.
L’Ego del Pz in un salotto e non in teatro si sente minacciato di fallire perchè il Pz attore non può più giocare, né differire in altro ruolo, ma appare se stesso così come si sente con le sue insicurezze e in questo caso ipotizziamo che ci siano motivi antichi.
Ecco perché le difese possono tradursi in timidezza del comportamento e di evitamenti vari di esporsi. Come? Tu che sei così bravo in teatro … sei così timido qui con noi ?
Durante la recitazione in teatro esiste una struttura il copione, la regia, il ruolo). Già quando il personaggio appare in primo piano come in TV, lo sguardo degli altri invade l’Ego e attiva le potenziali vulnerabilità antiche come vergogna, paura di non essere all’altezza, timore di essere smascherati, (sindrome dell’impostore).
Colpa e vergogna possono affliggere notevolmente il senso di Sé e l’Ego , ma se la colpa richiama ciò che si è commesso di sbagliato, la vergogna è più paralizzante della colpa perché mette in discussione chi sei, non cosa hai commesso di sbagliato.
Continuando l’analisi del problema del paziente Pz dobbiamo aggiungere che il palcoscenico e il set teatrale forniscono uno spazio protettivo contenitore: prove, partner oppure anche vari, e poi lo stesso regista è il padre rassicurante, la stessa routine.
L’esposizione di Sé del nostro Pz tra conoscenti e amici è invece diretta e non strutturata: imprevedibilità, domande aperte, tempi compress. La mente reagisce aumentando il controllo, l’auto-monitoraggio e riducendo la spontaneità.
Davanti al pubblico in sala ricevi segnali (risate, silenzi, respiri) che regolano emotivamente. La telecamera è uno sguardo senza volto: non risponde, non co-regola. Questo senso di vuoto intensifica l’auto-coscienza (sentirti oggetto osservato) e può portare a blocco o iper-controllo.
Quando parli come te stesso, si attivano confronti interni: si attiva il Sé reale quello ideale (come dovrei apparire), poi il Sé dovuto (come è giusto apparire qui). Più grande è la distanza, più compaiono ansia e ritiro. Il personaggio riduce la discrepanza perché l’ideale è definito dal ruolo, non dal tuo Ego autentico.
Interpretare un personaggio molto diverso dalla personalità unitaria dell’attore implica un recupero del proprio personaggio interiorizzato in passato e poi spostato su quello scenico e in certi casi tale spostamento provoca una dissociazione adattiva dell’attore. Per molti attori l’identificazione non provoca conseguenze, per altri invece diventa possibile solo attraverso una sorta di imitazione del nuovo personaggio senza che venga interiorizzato, usando le strategie tecniche di recitazione accademiche
L’artista ha un bisogno legittimo di essere visto e riconosciuto cosicché cerca ma teme al tempo stesso l’esibizione. Questa risulta eccitante e piacevole perché aumenta l’autostima, ma se questa si appoggia soprattutto solo sulla performance dove eccelli perché se protetto, l’esposizione quando sei in un salotto con gente che ti guarda il soggetto attore minaccia di esporre zone meno curate di Sé e più fragili. La mente del Pz allora anticipa possibili ferite narcisistiche e prova a evitarle, con atteggiamenti di evitamento e di fuga o di autosvalutazione preventiva.
Pertanto il ruolo dell’attore protegge dalla vergogna, ma anche la cornice teatrale contiene e organizza.Essere guardati dal pubblico che sorride e applaude equivale ad un’ondata di calore che avvolge e rassicura come una carezza materna. Si stabilisca quindi un contatto e un dialogo
E’ più difficile esibirsi in TV senza pubblico perché l’attore è solo, nudo e l’interlocutore esterno è muto. l’Ego si sente molto esposto e prevalere l’ansia.
Quando parli davanti a un pubblico, senti di essere guardato. Lo sguardo degli altri funziona come uno specchio: non solo ti rimanda l’immagine esterna, ma ti fa percepire come oggetto del loro giudizio.
Dopo 4 anni di lavoro psicoterapeutico ad orientamento psicoanalitico il mio paziente attore funziona molto meglio propria nella sua vita sociale, mantenendo con la sua professione il buon successo sempre crescente.
Questi aspetti descritti qui hanno costituito per il mio paziente attore le introspezioni utili per elaborare le psicodinamiche della sua professione artistica di recitazione e hanno favorito in lui una maturazione per la sua vita sociale al di fuori del lavoro.
Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
__________________________________________
E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...
