Emulazione, Idealizzazione e Ideologia: tre illusioni  che non promettono vera crescita di Roberto Pani

Emulazione, Idealizzazione e Ideologia: tre illusioni che non promettono vera crescita di Roberto Pani

Ogni generazione si evolve attraverso modelli familiari, volti che esprimono dissenso o approvazioni, voci che esprimono pareri, esempi che diventano punti di riferimento, in altre parole tanti specchi attraverso i quali ci riconosciamo o dai quali desideriamo essere confermati durante la costruzione della propria identità. L’essere umano non cresce mai da solo, ma attraverso una rete di identificazioni che lo sostengono, lo ispirano, talvolta lo condizionano troppo lasciandolo come intrappolato nella suo modo di vedere il mondo. Penso a tre meccanismi psicologici e culturali – emulazione, idealizzazione e ideologia – che condizionano il percorso che porta l’individuo dall’ammirazione spontanea fino all’appartenenza più rigida a un sistema di pensiero.

L’emulazione, il primo passo verso l’identità: nasce nell’infanzia, quando osserviamo qualcuno che incarna ciò che vorremmo essere. È il gesto del bambino che imita il padre, dell’adolescente che copia il cantante o l’atleta, dell’allievo che cerca di parlare come il suo maestro. In questo movimento c’è vitalità, curiosità, desiderio di raggiungere una meta, un modello, una personalità ancora misteriosa.

L’emulazione, si esprime nel soggetto come mi vedo in te, e attraverso di te cerco me stesso.  Si tratta di naturali bisogni dell’adolescente di personale grandezza che vengono immessi nell’altro personaggio e che lui agli occhi dell’adolescente trasforma con la propria personalità in quel che è e che fa.

Ne cattura quindi l’ammirazione, l’imitazione quindi la dipendenza.

Ma quando l’emulazione diventa dipendenza, quando il soggetto smette di filtrare e assimilare ciò che imita, essa si trasforma in una sorta di mimesi sterile, un adattamento esteriore privo di interiorità. È allora che l’individuo smarrisce la propria autenticità per vivere nell’ombra di un modello.

Dall’emulazione nasce spesso l’idealizzazione. L’altro, il leader, il maestro, l’artista, il leader non è più soltanto ammirato, ma viene anche elevato a simbolo di perfezione. Se idealizzare può essere una spinta a crescere per l’attrazione esercitata dall’altro (come nel caso del padre buono e forte), è poi un meccanismo di difesa nei confronti di una realtà, troppo complessa o deludente. Appare come un atto d’innamoramento  e insieme:di paura: aderiamo all’altro perché ci appare perfetto, e sopra tutto come privo delle fragilità che noi temiamo in noi stessi. L’idealizzazione è come il velo di Maja, (A, Schopenhauer) cioè un manto bianco e puro che ci separa, copre e ci nasconde la realtà penosa e persecutoria . Nelle relazioni, l’idealizzazione può avere un ruolo transitorio esollecita la fede e la fiducia in un ideale umano più alto. Ma spesso non va confusa con l’idealità che è forte aspirazione ai valori all’etica, alla spiritualità al miglioramento del mondo sociale e del bene, (vedi Platone). Quando il soggetto invece non tollera di vedere i limiti dell’altro, l’idealizzazione si trasforma in una trappola affettiva. L’idealizzato prima o poi cade dal piedistallo, e ciò che resta è delusione o risentimento.Purtroppo la società contemporanea, alimentata da immagini perfette e narrative vincenti, vive immersa in un mare di idealizzazioni: corpi impeccabili, carriere lineari, vite apparentemente felici. Questa estetica dell’ideale produce un effetto paradossale: più si ammira, più ci si sente inadeguati, indegni e invidiosi.

Quando l’idealizzazione non riguarda più una persona ma un sistema di pensiero, nasce l’ideologia.

L’ideologia promette ordine, coerenza, identità collettiva. Offrendo risposte semplici a domande complesse, tranquillizza l’angoscia del singolo e lo rende partecipe all’interno di un gruppo.

Ma ogni ideologia, anche la più nobile, porta con sé il rischio del dogmatismo: quando la verità diventa unica e indiscutibile, il pensiero critico si spegne. Ci si difende non più dalla realtà personale, ma da quella sociale.

L’individuo che aderisce totalmente a un’ideologia cerca spesso ciò che cercava nell’idealizzazione: un rifugio dalla fragilità, insicurezza e dal dubbio.

Nel mondo iperconnesso di oggi, le ideologie non si presentano più soltanto in forme politiche o religiose, come nel passato ma anche come modelli di sette di consumo, appartenenze tribali digitali, stili di vita trasformati in fedi.

L’influencer, il brand, il movimento, diventano nuove chiese laiche: si adora l’immagine, non più l’idea.

Noi tutti in fondo, cerchiamo invece la libertà interiore il non condizionamento, il non dogmatismo. La vita è fatta di creatività e  si mantiene attraverso la continua sperimentazione anche di difficoltà che possono essere superate

Quando l’emulazione, l’idealizzazione, l’ideologia diventa cieca, l’individuo smette di pensare, smette di vedere quando il dogma blocca l’ascolto, siamo in trappola.

Cogliamo l’ispirazione ideologica di chi ce lo propone, ma non ne diventiamo sudditi

Roberto Pani
Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia
Alma Mater Sudiorum Università di Bologna,
Psicoterapeuta e Psicoanalista
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E tu come la pensi? Scrivimi un commento o inviami una domanda all'indirizzo roberto.pani@unibo.it...

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